DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

giovedì 28 febbraio 2008

Rambo, Terminator e l’inevitabilità degli Ottanta


Meglio partire diretti, così ci leviamo subito il dente: io odio gli anni Ottanta.

Nonostante questo, sono d’accordo con Saverio Fattori che non si possa non fare i conti col deprecabile decennio. In questo periodo di alacre stesura del nuovo romanzo sono così immerso nei Settanta che a momenti mi dimentico quello che è venuto dopo.

Nato nel 1978, del decennio di piombo non ricordo, ça va sans dire, nulla. Ma ho studiato lo studiabile, ascoltato il necessario e visto il fondamentale.

Risultato: amore a prima vista.

Negli Ottanta, invece, ci sono cresciuto. E rimembro con sommo dispiacere la musica orribile, Reagan e quel torbido senso di successo a tutti i costi che serpeggiava nell’aria.

Detto questo, senza gli Ottanta non credo che potrei scrivere ciò che scrivo.

La sofferta riflessione è nata ieri sera, dopo la visione di John Rambo, il quarto capitolo della stallonica saga che dura da più d’un ventennio.

Io e il mio socio Rudoni, lasciate a casa mogli e fidanzate, eravamo in cerca di un filmaccio ammazza ammazza, un paio di panini con salsiccia e due birrone da competizione.

Spettacolo delle 20.00. Numero di persone in sala: 4 (compresi noi due).

Tutto prometteva per il meglio.

Vi spiego: non è masochismo, è pura voglia di trash. Anni fa organizzavo serate analoghe a casa mia, affittando i peggiori Van Damme (quello con Dennis Rodman guest star era il nostro preferito) o rivedendo a ripetizione le puntate registrate di Sledge Hammer (vera chicca per intenditori. Una delle poche cose decenti prodotte negli Ottanta).

Be’, che vi devo dire? Ieri sera si è comunque mangiato pesante, ma si è finiti a vedere un gran bel film.

C’era tutto quello che ci aspettavamo (Stallone con la fascia che spara con un’enorme mitragliatrice), ma in mezzo alle pallottole c’era qualcosa in più. E non mi riferisco all’ambientazione Birmana, con l’ultraviolenza quasi documentaria.

Parlo piuttosto di regia e caratterizzazione del personaggio.

Conscio di addentrarmi in una tematica molto poco per signorine (in gergo: scacciafiga), devo necessariamente essere più preciso. Nell’ultima prova del vecchio e gommoso Sylvester ho scorto importanti connessioni tra il mito per eccellenza dell’anti american heroe e il Punitore di Ennis.

Il Rambo del 2008 è fatto di guerra e d’acciaio, continua a tritare i cattivi con la mitraglia, ma è qualcosa d’altro rispetto al se stesso di vent’anni fa.

È più cattivo, più disilluso, più cosciente del fallimento del sogno americano.

Non che negli Ottanta John non fosse un reietto, ma il paese a stelle e strisce, sullo sfondo della sua esistenza distrutta, era ancora forte e spocchioso.

Ora la bandiera è un ricordo sbiadito. Non c’è più una Causa per la quale valga la pena combattere. È scomparso Trautman e il senso del dovere old school che si portava appresso.

E qui sta il fulcro di questa traballante riflessione.

Senza gli Ottanta, gli Ottanta di Schwarzie e Stallone, non credo ci sarebbe potuto essere Tarantino.

Voglio dire: i Duran Duran non sono stati necessari per passare dai Sex Pistols ai Nirvana.

Senza Rambo e Terminator, invece, la traslazione da Bronson alla sposa di Kill Bill sarebbe stata impossibile.

E qui torna in gioco il Punitore di Ennis. Garth Ennis, nume tutelare del fumetto MADE IN USA, ha ripreso da qualche tempo a sceneggiare la fortunata serie nata a metà dei Settanta.

Il Punitore è, in sostanza, John Rambo: un reduce del Vietnam a cui la vita ha tolto tutto.

Se John è tornato dall’Asia pieno di paure insormontabili, Frank Castle (il Punitore all’anagrafe) era riuscito a lasciarsi il ‘Nam alle spalle. Sfortunatamente dei cattivoni gli sterminarono la famiglia, in Central Park, un pomeriggio qualunque del ’76 (secondo le ultime versioni). Da quel momento Frank smise di essere un civile e ingaggiò la propria guerra personale contro i cattivi.

Iniziò a uccidere mafiosi e finì per diventare il peggior nemico del crimine newyorchese.

Negli anni Il Punitore ha avuto alti e bassi, ma da quando Ennis si occupa di lui è finalmente un personaggio tridimensionale: disilluso, perfettamente addestrato, capace di portare in pagina dialoghi strepitosi.

All’inizio della sua carriera (1986) era solo una pallida imitazione di Rambo. Oggi Rambo è una splendida riproduzione del Punitore.

Chiudo la parentesi scacciafiga ed arrivo al punto.

Gli anni Novanta hanno stravolto il concetto di antieroe. Da Pulp Fiction in poi i duri sono arguti, spiritosi, cattivissimi e determinati. In due parole: moderni. Dannatamente umani.

Ma senza archetipi su cui lavorare, la trasformazione sarebbe stata impossibile.

Il Bronson de Il giustiziere della notte fa paura ma è pressoché muto. Non sai cosa pensa. Ne intuisci la rabbia, la sua determinazione in combattimento è evidente, ma non ti stravolge. Non salta fuori dallo schermo.

Idem per l’Eastwood/Ispettore Callaghan. Non tiriamo nemmeno in ballo gli sbirri settantini di casa nostra (Maurizio Merli o Luc Merenda, ma pure Franco Nero). Io adoro il genere, ma sono obbligato a riconoscere la totale assenza di profondità di quei character.

Pochi anni dopo di loro, invece, ecco che appaiono Schwarzy e Stallone. E insieme a loro si fa largo a spallate Harrison Ford, che con Blade Runner e la serie di Indiana Jones cambierà le cose per sempre.

Dall’81 in poi, come per magia, i duri non si limitano a sparare, ma infarciscono l’azione di battute sagaci. Smettono di essere politicamente corretti senza per questo diventare dei villains.

Mentre Craxi fa quel che gli pare col nostro paese e quel signore basso basso cambia per sempre il modo di comunicare con sue televisioni, al cinema va in scena un terremoto.

I film d’azione diventano per ragazzi (ok, Rambo 2 era ancora vietato all’epoca, ma era un’eccezione. Commando andai a vederlo al cinema…). I bambini (bontà loro) giocano alla guerra nel cortile di casa e immaginano sparatorie tra i palazzi, guerre nella giungla, magiche scoperte nel deserto.

La mia generazione di narratori nasce lì. Cresce col mito (cinematografico) di Schwarzie e Stallone.

Tutti, a diciotto anni, ci siamo vergognati (specie nei collettivi studenteschi) di quel tipo di frequentazioni. Abbiamo rinnegato l’america capitalista e i suoi miti fascistissimi (pensate all’Eastwood di Gunny).

Un po’ più grandini, grazie a Dio, abbiamo fatto pace con la nostra coscienza e ci siamo resi conto che quelle quintalate di pallottole conservatrici in scena sul grande schermo altro non erano che i prodromi di un nuovo modo di narrare.

Poi è arrivato Tarantino e i più coraggiosi tra noi hanno iniziato a mettere nero su bianco le proprie ossessioni.

Il fatto che, a vent’anni di distanza, si senta ancora l’esigenza di portare in scena certi miti è piacevolissimo.

Ma il rischio di “cagata pazzesca” (citando l’immarcescibile Fantozzi Ragionier Ugo) è come sempre dietro l’anno.

Grazie a Dio esistono produzioni come John Rambo e Terminator – The Sarah Connor Chronicles (serie americana di cui, ve lo prometto, a breve scriverò diffusamente).

Guardandole si ha la sensazione che gli “anni di merda” di Paolo Rossi abbiano lasciato qualcosa di buono.

sabato 23 febbraio 2008

UWS su Carmilla, la Terza Guerra Mondiale e un sacco d'affetto


Da qualche tempo ho il costante istinto di iniziare ogni pezzo con delle scuse.
Sarà che lavoro sedici ore al giorno eppure non basta, sarà che c'è sempre qualcosa da fare (tra le richieste professionali più bizzarre degli ultimi giorni: "Maestro, mi costruisci un portamatite a forma di papà?"), finisce sempre che vi trascuro...
Bei tempi quelli del post tutti i giorni, e magari pure la frasetta della buonanotte.
Dopo nemmeno un anno (questo spazio compirà i suoi primi dodici mesi di vita a luglio) siamo già piazzati come una vecchia coppia sposata: una botta a settimana, ben che vada...
Spiace un po', e la butto sul ridere per dirvi che mi piacerebbe essere più presente. Ma stanno succedendo davvero un sacco di cose.
Qualcuna è bene che ve la racconti subito.
UNITED WE STAND, il nostro azzardo editoriale, ci sta dando soddisfazioni inaspettate sia in termini di vendite (che non fa mai male) che di affetto da parte dei lettori.
Da qualche settimana è attiva la sezione WWIII, dove gli appassionati possono incontrarsi, discutere di UWS e postare il proprio spin-off.
Tra i lavori più interessanti nati in quest'officina c'è di sicuro questo blog.
Si chiama SKYSOLDIERS e l'autore è il giovane Nicolò Corrà.
Il weblog, a cavallo tra il nostro "livello segreto" e il web (per i primi mesi chiunque potrà accedere al sito), narra la storia di un reggimento di soldati americani di stanza nella base vicentina di Camp del Molin. Che succederà ai militari americani dopo il 12 aprile 2013?
Da che parte staranno? Correranno a immolarsi per la causa di mamma America nel conflitto termonucleare o prenderanno le parti del nostro Paese, sotto attacco da parte di Ultor?
Per scoprirlo, non avete che da leggere. Ogni due giorni, più o meno (Nicolò ha ancora un progamma di incontri sani e frequenti coi propri lettori), viene pubblicato un nuovo racconto. Un nuovo pezzo della storia degli Sky Soldiers, l'elite degli aviotrasportati statunitensi in pieno effetto nel cosmo UWS.
Sempre in tema UWS, gioia e tripudio si sono impossessati del sottoscritto questa mattina, quando ha dato un'occhiata alla prima pagina di CARMILLA mentre sorseggiava il consueto te e c'inzuppava il consueto saccottino taroccato.
Il mio maestro Giuseppe GENNA parla di noi, in termini a dir poco entusiastici.
Il pezzo lo trovate qui.
Salgono l'interesse e l'entusiasmo per UWS, e iniziano ad arrivare i primi contributi alla Causa. in questi giorni sto (re)visionando alcuni racconti che amici e colleghi scrittori hanno confezionato per il nostro progetto. Non posso preannunciarvi nulla: nè i nomi degli autori nè l'argomento degli spin-off (finirei per spoilerare e finireste per linciarmi...). Vi basti sapere che è roba forte. Forte davvero. E che sarete trasportati da un capo all'altro dello Stivale, imparerete a dormire con un occhio aperto e a odiare ogni tiranno (hai detto cotica...).
Mentre "la cosa s'ingrossa" io e il mio socio (il rude Rudoni) stiamo già pensando al tour strategico per UWS. Non appena avremo fiato per respirare butteremo giù un'idea di planning e vi diremo qualcosa in più. Per ora l'unica data (quasi) confermata è quella di Piacenza. Se tutto va come deve, a metà aprile dovremmo essere ospiti a Full Comics.
Continua senza sosta, invece, il tour di CONFINE DI STATO (oramai al suo ottavo mese).
Prossime location: Aix en Provence e Marsiglia (6,7 marzo), Borgolavezzaro (data da definirsi, ma probabilmente a ridosso di aprile), Roma (Trastevere Nori festival, 4 o 6 luglio).
Come di consueto, a ogni trasferta seguirà un ghiotto resoconto.
Ora che il post è finito e stiamo alla sigaretta, la domanda è di rito: "E' stato bello per voi come lo è stato per me?"
Come dite? "I primi tempi non eri così sbrigativo... Non avevi fretta di tornare al lavoro, ci mettevi passione!"
Be', vi prometto che la prossima volta andrà meglio. Ho in canna un pezzo sulla nuova serie di culto MADE IN U.S.A.: TERMINATOR - THE SARAH CONNOR CHRONICLES.
Devo solo trovare il tempo di metterlo nero su bianco...

lunedì 18 febbraio 2008

Ettore Brivido, un nome che non si dimentica


Oggi è un giorno speciale. Uno di quelli che non si scordano tanto facilmente.

Speciale non tanto per il sottoscritto, che non ha molto da festeggiare (giusto la guarigione dall’influenza più lunga del mondo… Mi scuserete se lo scrivo tra parentesi e associo alla scrittura qualche scongiuro: oramai vivo nel panico da ricaduta…;-)), quanto per uno dei miei personaggi.

La data di nascita di un personaggio è sempre nebulosa, complicata, piuttosto vaga. In genere un autore non presta troppa attenzione a una intuizione, anche se ottima.

Per esempio, ricordo perfettamente quando inciampai nel nome Andrea Sterling. In realtà all’anagrafe era Marco Sterling, ma non mi convinceva granché. Lo trovai su un foglio domenicale di una chiesa di periferia. Di lì a pochi giorni sarebbe stata celebrata una messa in suffragio del povero defunto: Marco Sterling, classe 1920.

Mi ricordo di essermi appuntato il nominativo e l’età. Ma mentirei se vi raccontassi con precisione che giorno era.

C’era il sole, era primavera, forse. Non ricordo altro.

Molto prima di iniziare a scrivere CONFINE DI STATO, questo è sicuro.

E invece a volta capita di avere una grande idea e di essere così lucidi da prendere nota.

Un anno esatto da oggi, il 18 febbraio del 2007, rimuginavo cercando un appellativo per un personaggio molto cool.

Il character era stato creato sulla base di fonti storiche (sapete come lavoro), ma oramai aveva preso la sua strada e aveva un’individualità. Per comodità continuavo a chiamarlo con i nomi dei suoi “antenati”, ma quei nomi iniziavano ad andargli stretti.

Ci misi un pomeriggio intero, poi, durante una ricerca su google, mi apparve l’immagine di un film di qualche anno fa. Il titolo originale, molto più adeguato alla trama dell’italico corrispettivo, era MAXIMUM OVERDRIVE. Ma si sa, gli Ottanta sono stati anni di sperimentazioni golose in fatto di traduzioni (First blood part 2 da noi fu il titanico Rambo 2 la Venedetta), per cui nessuno si stupisca se la pellicola horror con le auto impazzite che davano la caccia agli umani da noi fu smerciata come BRIVIDO.

Al di là dell’evidente distanza concettuale tra titolo e traduzione – assolutamente irrilevante ai fini della mia ricerca – quel titolo, quella semplice parola, racchiudeva tutto quello che stavo cercando per il mio personaggio.

“Si chiamerà Brivido”, pensai.

A quel punto feci un gioco consueto. Una volta trovato il cognome, in genere sperimento nomi di battesimo come fossero montature da vista. Quello che non stona, rimane.

Ettore calzava a pennello.

Ettore Brivido nacque ufficialmente il 18 febbraio 2007, e aveva in carnet partecipazioni a storie importanti.

Forse ne avevo già accennato di sfuggita su queste pagine, ma è sempre bene rinfrescare la memoria.

Ettore Brivido sarà uno dei personaggi principali di United We Stand. E proprio per festeggiare il suo primo compleanno, abbiamo deciso di pubblicare su www.unitedwestand.it una storia che lo vede protagonista.

Il racconto si intitola Rivolta , è in due puntate e qui trovate la prima.

Inauguriamo, con questa storia, la sezione COLLATERAL. Sezione che, nei mesi a venire, si popolerà di narrazioni importanti, talora firmate da penne d’eccezione.

Da quando il progetto UWS è partito, molti colleghi mi hanno manifestato il loro apprezzamento e hanno deciso di dare il loro contributo alla costruzione del cosmo UWS. Tra un’uscita e l’altra vi delizieremo con racconti unici, e non sarà raro trovare sotto al titolo la firma di grandi autori del panorama nazionale. Qualche nome? Alcuni tra i collettivi più noti della scena potrebbero dire la loro sulle pagine di www.unitedwestand.it. E state certi che saranno in buona compagnia.

Di più non posso veramente dirvi. Per cui, bocca cucita e torniamo a Ettore.

Ettore lo incontrerete al fresco. La location è la Casa circondariale di Novara, l’anno è il 1981.

Non vi voglio raccontare altro, per paura di rovinarvi la sorpresa.

La conclusione della storia la prossima settimana, sulle medesime frequenze.

L’Ettore che conoscerete sulle pagine di UWS ha molto poco a che fare con quello che avrà un ruolo dominante in Settanta.

Avete capito bene. Ettore prenderà parte (e che parte!) al mio prossimo romanzo. Se in UWS, gioco forza, lo conoscerete con qualche primavera sulle spalle, in Settanta vi godrete i suoi esordi.

Il secondo capitolo della mia trilogia sporca, tuttavia, è ancora in fase di lavorazione, e temo che per qualche mese ancora non potrete sfogliarlo.

Nell’attesa, tuttavia, potrete consolarvi con una storia di coltelli e fiori d’arancio, che avrà come protagonista, ancora una volta, il Nostro.

Il racconto (piuttosto voluminoso, a dire il vero) si chiama COMPARI D’ANELLO e fa parte della raccolta MATRIMONI, di recente pubblicazione nella collana LIBRIVOLANTI di Effequ.

Effequ, lo ricorderete, è stato il mio primo editore. E i più affezionati tra voi serberanno memoria delle sue mitiche raccolte a tema (alle quali il sottoscritto partecipò in più di un’occasione, anni or sono).

La raccolta di quest’anno è particolarmente intrigante, vuoi per il tema, vuoi per la maniera in cui se ne discute.

Il mio racconto, al solito, parla la lingua della strada. E la mia storia ha poco a che fare con liste nozze e ristoranti prenotati con un anno d’anticipo. Ad ogni modo, credo di colpito al cuore il tema dei legami forti.

In sottofondo, la Milano dei Settanta che tanto mi è cara.

Il libro non è ancora in libreria, ma sul sito di Effequ lo trovate già. Se lo ordinate adesso, dovreste riceverlo per fine mese, per la modica cifra di 10 euro (senza spese di spedizione. Omaggio della ditta).

Un modo inconsueto per festeggiare una giornata importante. Un giorno speciale per festeggiare un personaggio che, sono sicuro, non scorderete in fretta.

Buon compleanno, Ettore. L’avventura è appena iniziata.

giovedì 14 febbraio 2008

Bologna: storia di libri, improvvisate, postumi e malanni…


Sabato e domenica sono stati giorni di trasferta. Trasferta impegnativa. Trasferta molto gradita dopo la settimana abbondante di bocce ferme causa influenza e postumi.

Partenza morbida intorno alle undici da Novara. La macchina nuova (ve l’avevo detto che la povera Clio era passata a miglior vita durante un viaggio di ritorno da Torino, mollandoci ore al freddo in attesa di un carro attrezzi nella notte più fredda dell’anno?) si comporta bene , viaggia il giusto e consuma poco. In meno di tre ore il San Petronio è in vista.

Bagagli mollati in albergo, piadina deliziosa su Via Indipendenza e un po’ di turismo. Come è oramai tradizione (era già successo a Genova, quando partecipai al FESTIVAL DELLA LETTERATURA CRIMINALE in novembre) se noi ci si sposta senza leggere uno straccio di giornale, s’incappa al 99% in una manifestazione con sbirri in assetto di guerra.

Questa volta abbiamo realizzato di essere in mezzo al casino alle parti di Via Zamboni. Un ragazzo con un fascio di capelli viola sulla nuca ci ha dato un volantino al quale non abbiamo fatto troppo caso. Alla decima camionetta della polizia che ci si è manifestata di fronte, però il dubbio che non si trattasse di un semplice assembramento squatter da sabato pomeriggio ci ha sfiorato.

Sul volantino c’era il claim per una manifestazione nazionale.

Ora, il motivo della manifestazione, a chi non abitasse tra via del Pratello e via Goito, poteva risultare alquanto nebuloso, ma chiedendo in giro un’idea ce la siamo fatta.

Pare che, giorni fa, alcuni ragazzi si siano accapigliati con la polizia opponendosi a un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Il TSO lo faceva la polizia (credo. Ma non sarebbe compito dei vigili?). A chi, non sono riuscito a capirlo…

Fatto sta che la cosa è degenerata e devono essere volati schiaffi e scattati arresti (perché, nel frattempo, erano spariti una ricetrasmittente e delle manette – e qui io dico: ma che te le rubi a fare un paio di manette?).

Ergo, manifestazione di solidarietà per i compagni arrestati.

Bologna è sempre Bologna…

Ma io e mia moglie non eravamo in vena di manganellate (e poi mi non ero nemmeno tinto i capelli…) e abbiamo optato per un bel caffè dalle parti di via Mascarella, che poi è la via di Modo InfoShop.

Alle sei, rendez vous con Jadel e un po’ di cricca bolognese (a proposito: bella Stefano!) e subito birra nel bar a fianco alla libreria (chez Modo, again).

La presentazione è partita in ritardo e se dicessi che c’era il pienone racconterei una balla.

Poca affluenza (complice il meriggio del sabato, che per i bolognesi è sacro) ma grande profondità di analisi.

Jadel ha scavato nel peggio del mio romanzo, portando alla luce lati oscuri di CONFINE che io ho ignorato per un sacco di tempo. Si è discusso di guerra fredda, mitopoiesi e conflitto termonucleare. Di UWS e della collana Adelphi, di Cioran e di Giochi Sacri. Jadel è un fottuto genio. E dal vivo è veramente il massimo.

Presentazione gustosa.

Finito lo show, prima di cena, c’è tempo per un americano con l’amico Leo, un fan di Confine conosciuto in rete. Anche in quest’occasione, le chiacchiere son da dieci e lode.

Verso le 21.00 io e la mia signora salutiamo il gruppo (Jadel travolto dagli impegni familiari, Leo con il coinquilino chiuso fuori di casa, rigorosamente senza chiavi e con le pizze in arrivo…) e c’infiliamo in una splendida trattoria nelle vicinanze dell’albergo.

Ragù a manetta, carne e dolcino. Rosso della casa. Prezzo strepitoso.

Bologna è sempre Bologna.

Nanna.

L’indomani sveglia presto, giro in centro e idea balzana che ci affaccia dalle parti del Nettuno.

Io alla mia Lei: “Quanto dista Pavana?”

Lei a me: “Boh! Saran quattro ore!”

Io a lei: “Ohhhhhhhh!”

Grazie a Dio, il navigatore tra noi: il centro di Pavana è a poco più di un’ora di macchina dal centro di Bologna.

Una capatina si può fare.

I fan avranno già capito. Per tutti gli altri: a Pavana abita un certo Guccini Francesco, musicista, scrittore, poeta e gran mattacchione. Siccome è domenica e siccome a Courmayeur non ci si è visti, una visita di cortesia ci sta tutta.

Cinquanta minuti di tornanti e… welcome to Pavana. Home of the braves…

Ora, Pavana non è New York, ma trovala tu la casa di un signore che non mette il nome sul campanello.

Grazie a Dio c’è la signora degli alimentari. Ci fermiamo nel suo negozio per un panino e notiamo alle pareti gigantografie di Mastro Francesco.

Chiediamo. Lei risponde con gentilezza infinita: “Mò è proprio qua sotto casa di Checco…”

Giù dalla discesa, oltre la curva. Un portone verde, un cortile, la stessa casa che c’è nel retro di copertina di un suo disco (non ricordo quale, non fatemi le pare…).

Suono.

Attesa.

Ri-suono.

Ri-attesa.

Nulla.

I camini non fumano, anche se a pavana fa un freddo becco. Guccini non è in casa.

Mannaggia…

Intanto, però, colgo l’occasione per sbirciare nello studio. Chitarre in custodia, un PC dell’anteguerra (l’aveva detto da Fazio, quasi un anno fa, che era stato uno dei primi, negli Ottanta, a comprare un PC. Be’, quel PC è ancora là, dopo vent’anni e più d’onorata carriera…), molti libri.

Tra i libri ancora da leggere scorgo LA STRATEGIA DELL’ARIETE. E sono roso dall’invidia all’istante…

Niente CONFINE DI STATO.

Poco male, vuol dire che glielo manderò.

O che ci sarà un’altra occasione per passare da queste parti.

Foto di rito di mia moglie davanti alla magione (coi vicini che ci prendono per matti…), e via verso le terre natie...

Il ritorno non è stato semplicissimo.

Vi basti sapere che, in un modo o nell’altro, le malattie di stagione (e non solo) sembrano essersi innamorate di noi in questo periodo.

Appena messo piede in casa, io e la mia dolce metà ci rendiamo conto di essere KO.

Febbre, mal di schiena, chi più ne ha più ne metta.

Il medico ci vede il giorno dopo e via di gusto con un’altra settimana di malattia.

E per il sottoscritto un’altra raffica di quelle simpatiche punture.

Se sapevo, rimanevo a Bologna…

giovedì 7 febbraio 2008

Bologna, Israele, Genova (ma solo di passaggio) e la Milano dei Settanta


Titolo da inserto culturale della domenica, per tentare di comprimere in un pezzo solo le miriadi di cose che devo raccontarvi. Approfitto del bel sole e della febbre finalmente scesa a 37.5, dopo l'azione rullocompressoria di orde di antibiotici per mettere in fila notizie e segnalazioni.
Andiamo con ordine:

1) Ve l'avevo già accennato tempo fa, ma ve lo confermo: se la febbre non risale e tutto si porta come si deve, sabato 9 febbraio, alle 18.30, sarò da Modo InfoShop a Bologna a presentare il mio CONFINE DI STATO. Insieme a me, l'amico fraterno Jadel Andreetto di KAI ZEN. Assente (giustificato) il Magister Evangelisti, in partenza per Puerto Escondido proprio sabato.

2) Su NAZIONE INDIANA (ma non solo: anche su LIPPERATURA, IL PRIMO AMORE e molti altri blog) c'è un appello di Raul Montanari, già firmato da decine di intellettuali e semplici websurfer, tra cui il sottoscritto, di solidarietà nei confronti degli organizzatori della Fiera del Libro di Torino, maltrattati da settimane per aver deciso di ospitare Israele alla prossimo Salone.
Il valore della cultura ebraica è noto. Meno noto invece, fino a che non è scoppiata la polemica, il pessimo gusto di certi Soloni di casa nostra. Qui un esempio. Ma sul sito de La Stampa, se inserite ISRAELE come chiave di ricerca tra i pezzi dell'ultima settimana, ne troverete molti altri.
Firmate, se vi va, l'appello di Montanari. Basta aderire con un commento.
Oppure non firmatelo. Ma trovatevi, vi prego, delle ragioni migliori di quelle di Vattimo. Le sue deve averle acquistate in saldo a fine gennaio.

3) Il mio amico Matteo Zampini, storico editorialista della LibraryZone di Castlerock.it ha appena deciso di "mettersi in proprio". Del mutamento di Castlerock avevamo già parlato in un post di qualche tempo fa. In attesa che lo storico sito evolva, andate a dare un'occhiata al blog di Matteo (leggendoscrivendo.splinder.com): dalle sue parti si parla SOLO di libri. Niente notizie sullo stato di salute del conducente del weblog, niente resoconti delle ferie. ...;-)
Cultura dura: molto fico.

4) Un altro mio amico, il genovese (trapiantato, suo malgrado, a Milano) Ettore Maggi (ecco la ragione del fugace accenno genovese nel titolo) tempo fa mi intervistò per M - LA RIVISTA DEL MISTERO. Non so se quell'intervista sia già uscita su M (avete notato che da un po' di tempo non sono frtissimo con la rassegna stampa? Dev'essere la vecchiaia...). Di sicuro, la potete leggere sul sito MUSICAOS, qui. Enjoy...

5) (e giuro che chiudo...) In questi giorni di forzata permanenza a casa, nei rari momenti di lucidità, ho scritto qualche pagina di Settanta (per i più fetish: sappiate che ho all'incirca una cnquantina di pagine di word pronte. La strada è ancora lunga...). Il lavoro che sto facendo con il linguaggio è davvero gustosissimo. Il romanzo, lo vedrete, sarà un autentico giro d'Italia per quel che riguarda il parlato. Al momento sto facendo tappa a Milano. Nella Milano di Turatello e Vallanzasca. Dove il gergo della vecchia Mala andava scomparendo, ma il dialetto restava ancora la lingua madre della new wave criminale.
Io coi dialetto me la cavo. Non ho problemi da Saint Vincent a Reggio Calabria. Mia moglie dice che ci sono portato. Per come la vedo io, basta avere orecchio. E studiare (o chiedere) quando non si sa.
Da giorni cerco un dizionario della Mala Milanese. Chiederei a Colaprico (comprate, vi prego, lo splendido LA TRILOGIA DELLA CITTA' DI M, che gli valse lo Scerbanenco qualche anno fa), ma non ho grandissima confidenza.
Qualcuno di voi ha idea di dove possa procurarmi un libro del genere.
Mi basta un titolo, o una web source (questo sarebbe un sogno).
Avete voglia di darmi una mano?

lunedì 4 febbraio 2008

Qualche news per tirarmi su...



La salute non è un granchè e l'umore ne risente, ma grazie a Dio succedono sempre cose belle a migliorarmi la giornata (che trascorro tra letto e divano con termometro e copertina...).
Oggi è lunedì e come ogni lunedì esce un contenuto di UWS. Quello di oggi è davvero speciale: si tratta di un articolo del direttore del New York Times.
La reazione dell'élite della stampa del mondo libero alla tragedia italica del 2013.
Tutto da leggere, qui.
Su Sherlock Magazine è uscita un'intervista al sottoscritto della grandissima Maddalena Bonaccorso.
Se di solito sono i giornalisti a rincorrere gli autori, vi posso assicurare che questa volta è accaduto il contrario. Stresso Maddalena più o meno da quando è uscito il libro per un parere (inutile dirvi quanto stimi la sua penna). All'ottavo mese (quasi una gravidanza), quel parere è diventato un pezzo. Un gran bel pezzo, se posso. Lo trovate qui.
Chiudo con una segnalazione (anzi due): so che di CONFINE DI STATO si è parlato di recente su ROLLING STONE. On line il pezzo non l'ho scovato e anche il cartaceo, causa malanno hard-core , non ho ancora fatto i tempo a procurarmelo.
Se a qualcuno di voi capitasse tra le mani e avesse voglia di scannerizzarlo, il sottoscritto gli (le) sarebbe grato per sempre.
Idem per un pezzo di Diego Zandel apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 29 gennaio in cui si parla di CONFINE, del nuovo DE CATALDO e di altre amenità...
Capitasse... (non ho fatto nemmeno il tentativo di procurarmi una copia del Mezzogiorno. Come minimo mi toccavano cinquecento chilometri prima di scovare un'edicola che lo vendesse...)
Saludos y abrazos (abbracci pochi, ché sono contagioso...)


P.S.
Notate che chicca l'immagine (anche se qui è tutto vero e la febbre è alta, mannaggia...)

sabato 2 febbraio 2008

E pensare...


E pensare cha a quest'ora sarei dovto essere in macchina direzione Suzzara.
Pensare che stasera avrei dovuto fare un triplo show coi miei amici Governa e Roversi, all'ora dell'aperitivo.
E invece...
E invece la sfiga colpisce ancora. Mi sono svegliato con 39 di febbre...
Niente Suzzara, niente show, niente tortelli di zucca.
E' proprio vero che quello del maestro d'asilo è un mestiere pericoloso.
Mannaggia ai virus influenzali...
Credo di meritarmi il palmares di LOSER dell'anno (due influenze massacranti nel giro di un mese...)
Se siete in zona, ad ogni modo, fatecelo un salto a NebbiaGialla. Trenta autori in tre gorni. Fichissimo!
A-ri-mannaggia...