DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

mercoledì 6 agosto 2008

Wu Ming 4 vs Giuseppe Genna: Hitler e Stella del mattino

Continuano i consigli estivi. Altre due rcensioni uscite per MilanoNera.



Giuseppe Genna, Hitler, Mondadori 2008

“Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”, si dice così, no? Mi sa tanto che la cosa vale pure per i peccatori, a giudicare dalle critiche impietose che sono fioccate sul nuovo libro di Giuseppe Genna. Da quando è uscito, penne illustri e meno illustri si sono prese la briga di stroncarlo, gridando allo scandalo.

Al centro delle critiche, più o meno la solita solfa: di Hitler è meglio non parlare.

Forse è proprio per questo velo di immobilismo che affligge il BelPaese che in Italia non si scrivono libri coraggiosi. Il libro di Genna ha stomaco da vendere; guarda l’abisso dritto negli occhi, racconta la vita della non-persona dalla culla alla tomba.

Senza filtri.

E chi se ne frega se “la cronaca del periodo viennese è sommaria”? Se “le fonti consultate riguardo agli armamenti della prima guerra mondiale non sono granchè”? La lingua dei critici batte dove il dente di Genna non duole per nulla.

Genna ha osato fare quello che nessuno, nel nostro paese, aveva mai fatto.

Ha raccontato il Male con stile, ha avuto coraggio e non ha tradito il precetto di Fackenheim: “È vietato a chiunque concedere vittorie postume a Hitler”.

Hitler è un romanzo necessario.

Guardare in fondo all’abisso può insegnare un sacco di cose.







Wu Ming 4, Stella del mattino, Einaudi 2008

Dice: Wu Ming ha scritto un libro nuovo.

Dice: Wu Ming quale? Tutt’assieme?

Dice: No. Uno solo. Il 4.

Dice: E com’è? No, perché, guarda… Manituana: lassame perde…

Dice: No. Questo è bello sul serio. Come quelli d’una volta.

(Dialogo libraio-acquirente orecchiato alla Feltrinelli di Via Orlando, Roma)

Difficile non pensare a Q leggendo l’ultima fatica di Federico Guglielmi, a.k.a. Wu Ming 4.

Sul sito dei Ming c’è scritto che Sdm è l’autentico “romanzo ponte” tra i libri collettivi della Foundation e quelli solisti.

Per come la vedo io, Sdm è una delle opere migliori che siano uscite dalla fucina bolognese.

Sulla carta sarebbe il tipico romanzo con cui il sottoscritto, noirista impenitente, avrebbe poco a che spartire: in ballo ci sono Lawrence d’Arabia, Oxford negli anni Venti, poeti del calibro di Robert Graves e persino l’umanista sognatore che di lì a qualche anno s’inventerà Il signore degli anelli (avete capito bene: Tolkien è uno dei tre protagonisti). Di primo acchito, un Harry Potter per ragazzoni cresciutelli.

E invece: col cavolo…

Sdm vi trasporta in posti lontani, a far la guerra con la dinamite e i cammelli.

Sdm vi racconta la storia di un uomo spezzato, trasformato in tutto ciò che non è mai voluto essere: un eroe.

Sdm è uno squarcio sanguinante sulla guerra di trincea e sulla miglior letteratura del secolo.

Sdm sa pioggia e deserto, di tabacco da pipa e birra a poco prezzo.

Sdm è il miglior romanzo d’avventura dell’anno.

Dici cotica…