DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

venerdì 9 novembre 2007

Biondillo mon amour: mai più senza

Di Gianni Biondillo ho parlato più o meno a tutti: amici vicini e lontani, parenti, semplici sconosciuti.

Alcuni sono diventati suoi lettori, altri sono fuggiti a gambe levate per la mia pervicace insistenza.

Di solito non sono così. Di solito mi capita un’infatuazione seriale, ma prima del terzo libro mi sono già disamorato. Non ho il tempo materiale di consigliare l’autore.

Quella che io chiamo “infatuazione seriale” è una cosa seria. Non è solo: “Gran bel libro! Mi è piaciuto un sacco, se ti capita compralo…”

È piuttosto: “Oddio, sono già a pagina 120. Non posso più fare a meno della prosa di questo tizio. Tesoro, corri a comprarmi tutte le edizioni economiche che trovi o inizierò a schiumare dalla bocca…”

E non capita spesso. Mi capitò per Genna, per Ellroy e i Wu Ming. E pure per Evangelisti.

Se nel caso di Genna o del Magister fu piuttosto semplice tenere a bada la fame: dai cinque ai dieci titoli in catalogo per ciascuno al momento in cui diventai dipendente.

Coi Wu Ming fu una rota pazzesca: lessi Q quasi subito. Dovetti aspettare un periodo che mi sembrò lunghissimo per leggere 54, ma ancora non avevo idea di cosa fosse l’attesa: aspettando Manituana sono ingrigito. Ho tamponato col metadone (i romanzi solisti del quintetto: New thing, Free Karma Food, Guerra agli umani) ma, si sa, non è la stessa cosa…

Con Ellroy il discorso fu diverso. Avevo talmente tanta roba a disposizione che finii per intossicarmi. American tabloid, Sei pezzi da mille e L.A. Confidential tutti d’un fiato. E poi tutto il resto.

Ho iniziato con un entusiasmo senza precedenti e ho dovuto prendermi delle pause: Ellroy è magistrale e caotico. I suoi personaggi ti stritolano, ti violentano, ti entrano sottopelle a tal punto da restarne invasato.

Prosa magnifica e tossica: dopo mille pagine hai bisogno d’aria fresca. Ma quella scrittura ti rimarrà addosso per sempre (vedete ben…)

Insomma, effetti collaterali a parte, questa cosa del voler leggere TUTTO di un autore non capita spesso.

Con Biondillo, credo, è stata accentuata dall’averlo conosciuto di persona.

Successe in estate, alla Libreria del Giallo. In quei giorni leggevo uno di quei libri che rimangono sullo scaffale e che ti riprometti di finire, prima o poi.

Il libro si chiamava Città in nero ed era un’antologia di racconti usciti per Guanda. Dopo dieci pagine capii che avevo fatto male a lasciare il volume così a lungo sopra quello scaffale: il primo racconto era di Gianni (un brano del Giovane Sbirro). Folgorante.

Si capiva che il protagonista di quel racconto (l’ispettore Ferraro) non nasceva e moriva in quelle righe.

Il suo modo di muoversi, di parlare, d’incazzarsi, richiedeva immediata attenzione.

Mentre finivo la short story mi arrivò segnalazione della presentazione del Il giovane sbirro chez madama Tecla.

Imperdibile.

Lasciate fare che la presentazione era doppia, e a far da spalla a Biondillo c’era il Maestro Gianni Mura: una bomba. Mattinata strepitosa.

Parlando con Gianni (Biondillo, non Mura. Quel giorno facevano tutti confusione) gli dissi del mio entusiasmo repentino (avevo appena comprato Per cosa si uccide e Con la morte nel cuore): “Voglio leggere al più presto Il giovane sbirro!”

Lui mi guardò, mi mise una mano sulla spalla e mi disse: “Non fare minchiate, che ti rovini tutta la sorpresa… È vero che Il giovane sbirro è il prequel, ma l’ho scritto alla fine della saga…”

Ho seguito il suo consiglio e nei prossimi giorni mi appresterò all’acquisto dell’anelato libello.

Nel frattempo l’ispettore Ferraro è cresciuto, ha fatto conquiste, si è imbattuto in tipi poco raccomandabili e si è fatto scopate memorabili.

Ma non è questo. Le storie, specialmente quelle buone, sono in giro: prima o poi qualcuno se le piglia.

Il punto è saperle raccontare. Biondillo non ha delle storie eccezionali (anche se qualcuna è davvero strepitosa), ma le racconta come nessun altro.

Questo signore quarantenne (o giù di lì) che di mestiere fa l’architetto, usa la lingua come nessun altro.

Un fruttivendolo siciliano, nei suoi libri, parla come un fruttivendolo siciliano. La dirimpettaia padana parla come una dirimpettaia padana. E via discorrendo.

Biondillo sa essere spiritoso, arguto, mai sopra le righe nemmeno quando i suoi personaggi passano il limite.

L’unico neo di questa penna immensa, come dice Gianni Mura, è forse quella insana passione per Mogol e Battisti.

Ma che, dico io, ci vogliamo mettere a fare una scenata per acqua azzurra, acqua chiara?