DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

domenica 12 agosto 2007

Riscoprire i classici: Catullo è meglio di Bukowski

Immersi nella calura estiva si sente spesso parlare della riscoperta dei classici. Autori intramontabili della letteratura mondiale la cui lettura è imprescindibile a chi si definisca "letterato".
D'agosto i classici tornano in classifica, complice il senso di colpa dei lettori (Ma cosa leggi a fare Manituana che non hai mai letto Hemingway? Ignorante!) e le letture scolastiche che le torme di prof appioppano ai propri allievi (ad agosto L'amico ritrovato o Se questo è un uomo vendono più di Camilleri).
Per quanto mi riguarda, non sono un "letterato", sono pigro e piuttosto ignorantello (ho letto Manituana senza sensi di colpa. E il povero Hemingway è ancora sullo scaffale) e ai tempi della scuola preferivo Fleming a Primo Levi.
Detto questo, ho i miei classici anch'io.
Classici hard-core, come Bukowski (Storie di ordinaria follia l'avrò letto dieci volte), ma anche qualcosa di più marcatamente mainstream.
Prendete Catullo. Sì, quello di Lesbia e dei "mille baci, e poi altri cento", ecc.
Se a scuola eravate studiosi ve lo ricorderete come poeta romantico e delicato.
Se stavate all'ultimo banco a far casino, il nome vi dirà qualcosa ma niente di che.
Di sicuro, pensando al poeta di Verona, non vi verranno in mente versi come questi:


Non è, buon dio, che credessi differente
l'odore della bocca e del culo di Emilio.
L'una non è più pulita o sporca dell'altro,
ma forse è meglio e più pulito il culo:
se non altro è senza denti: la bocca ha zanne
enormi e le gengive come un carro vecchio,
spalancata poi sembra la fica slabbrata
di una mula in calore quando piscia.
E lui se ne fotte molte, si crede stupendo:
ma mandatelo a far l'asino nei mulini.
Quella che va con lui si leccherebbe
anche il culo di un boia appestato.

Nè come questi:

In bocca e in culo ve lo ficcherò,
Furio ed Aurelio, checche bocchinare
che per due poesiole libertine
quasi un degenerato mi considerate.
Che debba esser pudico il poeta è giusto,
ma perché lo dovrebbero i suoi versi?
Hanno una loro grazia ed eleganza
solo se son lascivi, spudorati
e riescono a svegliare un poco di prurito,
non dico nei fanciulli, ma in qualche caprone
con le reni inchiodate dall'artrite.
E voi, perché leggete nei miei versi baci
su baci, mi ritenete un effeminato?
In bocca e in culo ve lo ficcherò.

O questi:

Ti prego mia dolce Ipsililla,
amore mio, cocchina mia,
invitami da te nel pomeriggio.
Ma se decidi così, per favore,
non farmi trovare la porta già sprangata
e cerca di non uscire, se puoi,
restatene in casa e preparami
nove scopate senza mai fermarci.
Se ne hai voglia, però, fallo subito:
sto qui disteso sazio dopo pranzo
e pancia all'aria sfondo tunica e mantello.

Roba da far impallidire il vecchio Charlie, che ne dite?
Per cui, se anche voi volete riscoprire un classico, quest'anno portatevi al mare i Carmina di Catullo. Possibilmente nella traduzione di Ramous.
Ve la spasserete un mondo.