DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

domenica 3 luglio 2011

Che diavolo hai combinato negli ultimi tre mesi?

La domanda è più che legittima, amiche e amici.
E finalmente posso darvi una risposta articolata in più di sette sillabe, che non assomigli a un post-it giallino con la scritta POI VI SPIEGO.
Ma andiamo con ordine, che roba da raccontare ce n'è un bel po': tocca partire dal luglio scorso, praticamente un anno fa. All'epoca vengo a sapere che Rizzoli sta per varare una collana di romanzi storici di ambientazione imperiale. Me lo racconta il mio agente mentre discutiamo del più e del meno, durante uno dei nostri incontri mensili.
Strabuzzo gli occhi: "Come faccio ad entrarci?"
L'idea di scrivere qualcosa di molto crudo ambientato tra centurioni, loriche e gladii mi ronza in testa da tempo, più o meno da quando lessi 300 di Miller. Però fino a quel momento non c'è stata occasione di concepire un plot e mettere in fila le idee.
"Come faccio a entrarci?", lo incalzo forsennato.
Quello ci pensa un po' su, si gratta la barba rada e alla fine mi dice: "Scrivi una sinossi e un capitolo di prova. E vediamo che ci dicono..."
Passa qualche settimana, è appena iniziato agosto 2010: io e la mia signora in dolce attesa siamo bloccati in città perché la sua ginecologa le ha vivamente sconsigliato di no muoversi: "Se ti strapazzi, il pupo potrebbe nascere anzitempo!"
A pensarci adesso, valeva la pena di andare a piedi a Timbuctu: Albertino ha tardato dieci giorni e l'han dovuto convincere per uscire (fosse stato per lui, era ancora là...)
In ogni modo, non c'è via di scampo: siam solo noi due, la città deserta e bollente e una storia imperiale da far saltar fuori. Ora, se scrivi quel tipo di romanzi, non è che puoi buttar lì delle idee a caso: volente o nolente tocca fare i conti con chi è venuto prima di te.
Tanto per dire: levatevi dalla testa di fare un romanzo su Cesare, ce ne saranno seicento. Alcuni pure molto belli.
Adriano? Molla lì che ci ha già pensato la Yourcenar.
Giuliano l'Apostata? L'ha fatto Al Gore.
Nerone? E' appena uscito un (gran bel) libro di Franco Forte sul rogo di Roma e tutto il resto.
Ah, va be', ma allora potremmo scrivere una storia su personaggi che hanno a che fare con l'Impero o con la fine della Repubblica, ma che non vengono investiti direttamente della porpora.
Tipo?
Cicerone! Ganzo, no?
No, ci ha giò scritto una trilogia Harris.
E se provassimo a raccontare qualche episodio della storia di Roma, una di quelle storie militari che conoscono tutti. Tipo, che ne so? Le guerre puniche?
Le ha già raccontate Franco Forte (un vero esperto del genere) nel suo romanzo su Annibale.
La rivolta di Spartaco? Gli schiavi di Capua in subbuglio? Fico, no?
Fichissimo! Sai come si chiama il penultimo romanzo di Marcialis?
Non ne ho idea...
Spartaco il gladiatore
...
Ecco.
Tanto per dire che non è che uno si mette lì e dice: cià che scrivo il Romanzo di Roma...
La ricerca parte assai prima di cominciare a sfogliare i documenti.
Un'idea, a dire il vero, io ce l'avevo. Ma mi pareva troppo bella perché nessuno ci avesse fatto un libro fino ad ora.
Costantino: l'Imperatore Santo, il primo monarca cristiano della storia di Roma.
Roba forte, di sicuro non sono il primo stronzo a cui vienein mente di mettere in pagina la sua vita.
E così comincio a spulciare IBS alla ricerca di qualche precedente.
Nulla.
Poi passo ad anobii.
Ancora nulla.
Infine bivacco per giorni in diversi forum di appassionati di letteratura d'ambientazione antica e ho la conferma: sa Dio perché, ma nessuno, negli ultimi trent'anni, ha scritto un romanzo sull'orgoglio d'Illiria.
Perfetto! Meraviglioso! Magnifico!
E' la mia occasione, mi metto subito al lavoro sulla sinossi.
Ma appena comincio a sfogliare qualche manuale - giusto per farmi un'idea del ragazzone di cui dovrò raccontare le gesta - non c'impiego molto a capire il perchè della clamorosa mancanza .
Potrei menarvela con gustosi panegirici sulla complessità del personaggio e le sue molteplici sfaccettature, ma la realtà è un'altra. Nonostante Costantino sia stato uno tra gli Imperatori più importanti della storia romana, nonostante abbia regnato a lungo (trent'anni e fischia, un vero record) e abbia fatto cose straordinarie (tipo riunificare l'Impero dopo la ripartizione tetrarchica voluta da Diocleziano), su di lui esistono pochissime fonti.
E quasi esclusivamente partigiane. O fortemente avverse.
Immaginate che uno scrittore del futuro voglia scrivere un romanzo su Silvio Berlusconi avendo a disposizione solo i libri di Bruno Vespa e due vecchi numeri dell'Unità. Questa è più o meno la situazione in cui si è trovato chiunque abbia provato a raccontare la storia del santo figliolo di Costanzo Cloro. Ora capite perché diavolo non ci sono romanzi su Costantino in circolazione?
Ma ormai ero già troppo avanti per tirarmi indietro.
Avevo sussurrato l'idea in Rizzoli e gli editor e il direttore della narrativa erano a dir poco entusiasti. Dunque toccava tirar fuori una sinossi come si deve e un capitolo di prova coi controcazzi, non c'erano santi.
Mi consultai con mia moglie, che di mestiere insegna latino e storia antica e lei mi ammonì: "Guarda che i lettori di romanzi storici non sono abituati a certi eccessi. Non è che puoi fare uno dei tuoi soliti libri, tutto sangue e morti ammazzati. Gli piglia un colpo!"
"Dici?", bofonchio incredulo fissando il vuoto.
"Ma certo!", fa lei "Metti giù una cosa stile Le memorie di Adriano. Letteraria, colta, magari persino un po' menosa, lenta, cervellotica. Vedrai che funziona!"
E io le do retta: butto giù due paginette di sinossi potentemente letteraria, colta, lenta, con tutti gli orpelli noiosi che generalmente, in un romanzo, mi fanno cacare. Ma lo faccio con molto rispetto e sincera devozione, dal momento che mi sto approcciando per la prima volta a un genere che non è il mio.
Consegno il tutto all'editore e intanto mi arrovello sul capitolo di prova: "Mah, forse dovrei scrivere del battesimo in punto morte... o magari del Concilio di Nicea! Un bel pippone di cinque o sei cartelle pieno di riferimenti storici, senza azione, con delle riflessioni profonde sull'eresia e la teologia dei padri della Chiesa..."
Nel frattempo in Rizzoli leggono la sinossi e mi chiamano: "Guarda,", mi dice il boss "forse non ci siamo capiti... Se abbiamo chiamato te per questo romanzo e non una clone ultranovantenne di Liala è perchè vorremmo un po' d'azione, Cristo Santo. Hai presente 300? O Spartacus Blood & Sand? Ecco! Vogliamo Hollywood, non la fottuta Marguerite Yourcenar..."
E' esattamente in quel momento che mi brillano gli occhi.
Ci impiego un secondo a sentirmi a casa.
Rispondo deciso, senza pensarci due volte: "Scusa, amico. C'è stato un malinteso. Ma non ti preoccupare, ho io quello che ci vuole per te. Dammi un paio di giorni..."
Il boss è un tipo a posto, mi serve un secondo giro di carte e alza la posta: "Ok, ma voglio un capitolo di prova come si deve."
"Nessun problema" faccio io.
Aggancio e mi metto a fare quello che so fare meglio.
I miei lettori più accaniti sanno che non sono di certo uno chef raffinato, ma so cucinare un paio di piatti da leccarsi i baffi. Da queste parti le specialità della casa sono robuste scene di sesso e sanguinose battaglie di massa.
Siccome non mi pare sufficientemente ficcante presentarmi al mio nuovo editore con cinque-sei cartelle di cavalcate furibonde e orge dall'indimenticabile sapore mediterraneo (per quelle ci sarà ampio spazio all'interno del romanzo, non disperate), scelgo l'opzione numero due.
Costantino, in trenta e passa anni di onorata carriera, di battaglie ne ha combattute parecchie: non si diventa padroni del mondo senza spedire carrettate di nemici al Creatore.
Ce n'è una, però, che ricordano persino i ragazzini delle medie: la merdosa battaglia di Ponte Milvio. Roma, 28 ottobre 312: mazzate a strafottere, la visione, il monogramma del Cristo sugli scudi, in hoc signo vinces e tutto il resto.
L'evento centrale dell'intera storia di Costantino: ecco la storia che voglio raccontare. Per riscattarmi dalla figuraccia della sinossi spompa e melensa, decido di giocarmi subito il carico pesante.
Ce la metto tutta, racconto di schinieri che brillano al sole e ciocchi di cavalli impazziti. Lame, sangue, gladiatori, colpi bassi.
Rileggo, limo e spedisco, invocando la grazia del Sole Invitto.
Un paio di giorni d'attesa e il boss mi richiama: "Ok, adesso ci siamo. Ti sei appena guadagnato un contratto."
Così parte l'avventura. L'estate finisce in fretta e io comincio a studiare. Chiudo nel frattempo un paio di progetti in sospeso, mio figlio finalmente viene al mondo, me ne vado in America. Ma nel frattempo passo un sacco di ore con la testa nei libri. Setaccio le fonti antiche, rispolvero quel poco di latino che mi ricordo dal liceo, mi faccio dare una mano da un paio di amici che sanno il greco. Leggo gli antichi cronisti, gli agiografi, i detrattori: Eusebio di Cesarea e Zosimo su tutti. Consulto gli studi più recenti, incappo in riletture punk della vita dell'Imperatore (quel fascio spocchioso di Burckhardt), studi dottissimi e pacati (Marcone), ottime e documentate biografie (Horst). Approfondisco allo spasmo i costumi del IV secolo, imparo a giocare agli aliossi, apprendo la disciplina militare tramite noiosissimi trattati sulla corretta disposzione dell'esercito, stilo una scaletta mostruosa del romanzo : 88 pagine di Word.
So tutto quello che succede, in ogni singolo secondo del libro.
Se c'è una scena in cui Costantino scoreggia, ho un documento dell'epoca che mi racconta quante volte e in compagnia di chi.
Una volta terminata la fase uno, sottopongo il malloppo all'editore.
Il boss e la sua squadra ci impiegano un po' a leggere e vagliare, ma alla fine sono contenti.
Così contenti che mi dicono: "Ok, ragazzo. Mettiti sotto e sfornaci questo benedetto romanzo. A ottobre dobbiamo essere in libreria."
E' l'inizio di marzo.
Dunque, per rispondere alla domanda che dà il titolo al post, ecco che diavolo ho fatto negli ultimi tre mesi: HO SCRITTO.
20-25.000 battute al giorno, sei giorni a settimana. A volte sette.
Un milione di battute in poco meno di tre mesi.
Per consegnare a fine giugno, per essere pronti per l'uscita ad ottobre.
Grazie a Dio, nel frattempo son successe tante belle cose.
Il mio lavoro è piaciuto così tanto a Rizzoli che hanno deciso di farmi subito altri due contratti.
Si è inoltre stabilito, insieme, di dare un po' di respiro all'opera e ritardare l'uscita alla primavera 2012. Di modo da avere il tempo di aggiustare, rileggere, tagliare, incollare, limare, temperare...
Già, perchè la prima stesura è finita. Finita da tre giorni esatti. E ancora non mi sembra vero.
Adesso, però, inizia il lavoro vero: occorre infilare il malloppo in una pressa e cavarne fuori un romanzo snello, agevole, deciso. Occorre sfoltire i fronzoli, acconciare le sbavature, sopprimere le escrescenze , mondare il linguaggio, pettinare la prosa.
In una parola: occorre dell'editing con un bel paio di palle.
Lo dice pure King: scrivere è umano, editare è divino.
Dunque passo volentieri la palla a chi ne sa più di me e guardo le cose con distacco, in attesa del risultato finale.
Tutto ciò che posso dire è che è stata una straordinaria avventura.
Mi sono divertito come un matto a passare tre mesi con quell'energumeno di Costantino: l'ho visto crescere, diventare uomo, prendersi ciò che (non) gli spettava di diritto. Ho avuto paura per lui, mi sono preoccupato, ho amato le sue donne e odiato i suoi nemici.
Sono stato al suo fianco fino alla fine. Abbiamo percorso spalla a spalla tutta la strada, hasta l'ultimo miglio.
Ora è tempo di lasciarlo andare.
Non ho idea dell'effetto che questo romanzo farà sui miei lettori più affezionati.
Ma ho la sensazione che non vi lascerà indifferenti.
Quella del virgulto d'Illiria non è di certo una storia italiana (si svolge per lo più in Oriente, nel IV secolo Roma non è più il baricentro dell'Impero da un pezzo), nè l'epopea d'un cattivo. Costantino non è proprio uno stinco di santo, ma al confronto con Sterling temo che farebbe la figura della femminuccia.
E' di sicuro una storia sul potere. E sul suo legame indissolubile col più potente degli afrodisiaci di Stato: la religione.
E' una storia di violenza, soprusi, sesso e prevaricazione (che ve lo dico a fare?)
E' una storia di guerra (una guerra coi controcazzi...)
Di sicuro è il romanzo più impegnativo e più ambizioso che abbia mai scritto.
Soprattutto perché, quando ho iniziato a scriverlo, ero solo un semplice appassionato di storia, con la testa imbottita di pregiudizi da "sandalone" anni Cinquanta.
Ringrazio Michele Rossi (il boss) e tutto lo staff di Rizzoli (Stefano Izzo, Viola Vastola e Gemma Trevisani), che mi sono stati vicini fin qua e che mi staranno ancora più vicini ora che comincia la parte più difficile del lavoro.
Ringrazio Costantino, vecchio bastardo dal cuore spezzato, per avermi insegnato che persino l'ultimo degli esclusi può immaginare di salire in cima al mondo.
Ma soprattutto, come sempre, ringrazio tutti voi per aver mantenuto viva la curiosità in questi mesi, per aver seguito in diretta la stesura su facebook (ho aggiornato il numero di battute di giorno in giorno) e per aver avuto pazienza fino ad ora, non sapendo che cosa diavolo sarebbe saltato fuori dalla mia fucina.
Da qui in avanti, è tutta in discesa. Ancora parecchi mesi ci separano dall'uscita del volume (ve l'ho detto, sarà in libreria la prossima primavera). Ancora non c'è una copertina nè un titolo (per il momento c'è solo un woking title, L'AQUILA E LA CROCE, che potrebbe cambiare), ma ogni piccolo tasselo che verrà aggiunto al mosaico sarà reso pubblico in tempo reale, promesso.
Nel frattempo, godetevi l'attesa e lucidate l'elmo.
A marzo si scende nell'arena.