DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

sabato 3 novembre 2007

Seee, mo’ vola! Heroes e la mitopoiesi supereroistica in 16:9


Vieri,Del Piero e Totti sono all'aeroporto e dalla vetrata fissano un aereo.

Ad un certo punto Vieri esclama "Secondo me quell'aereo va a 600 km/h."

Del Piero ribatte "Secondo me invece va a 800 km/h."

Totti, sbigottito, chiosa: "Seee, mo’ vola !"

Questa vergognosa barzelletta deve avere all’incirca trent’anni. Con alterni interpreti nelle parti dei tre divi del pallone, circola più o meno da quando indossavo il grembiulino per andare a scuola.

Battuta vergognosa ma utile per far chiarezza su un paio di approcci possibili alla serie del momento.

Heroes ha fatto impazzire l’America e sta ben viaggiando anche da noi. Anche se, è opportuno ricordarlo, l’esordio in prima serata non è stato dei più fortunati. A sentire i ben informati, il direttore di Italia Uno Tiraboschi ha predisposto il 25 ottobre la sospensione della serie dal prime time.

Niente più eroi della domenica. Gli aficionados dovranno aspettare fino alla fine di novembre e sciropparsi flying man e Hiro Nakamura in seconda serata il mercoledì. Coppe permettendo.

Dev’essere nel dna delle produzioni fumettistiche. Ventun’anni fa, quando Dylan Dog si affacciò timidamente alle edicole, per i primi mesi vendette un bel niente. Grazie a Dio i lungimiranti di casa Bonelli videro lungo e tennero duro, perché nei mesi successivi l’albo iniziò a diventare il successo editoriale che è oggi.

Back in the days a parte, scendiamo in punta di piedi nell’analisi della serie: credo che ci siano essenzialmente due approcci possibili a questo validissimo prodotto d’intrattenimento.

A) Quello del comics-addicted

B) Quello del profano (poco importa se serial-dipendente)

Lo dico un po’ a malincuore (amo molto la serie), ma pare un dato di fatto: il fumettaro incallito si diverte pochino guardando Heroes, ed è pervaso da un costante senso di déjà vu.

Solo il profano, complice il rodato meccanismo seriale americano (gli sceneggiatori ti sfidano a fare ipotesi e congetture, ti fanno discutere con gli altri appassionati e spesso ti mortificano - tutto quel che pensavi e' sbagliato, riprova a dare un senso a questo casino -) riesce a godersi appieno lo stupore tottiano della atavica freddura.

L’altro tipo di utente è stato svezzato a questo tipo d’intreccio anni or sono (metà anni novanta, all’incirca), quando il fumetto americano mutava per diventare il maturo passatempo che è oggidì.

Vedo di scandagliare i particolari avendo molta cura di non parlare del finale (ancora ignoto a chi segue lo show su Italia 1).

Il concetto stesso del superpotere come una malattia, come difetto da nascondere, è vecchio come il cucco. Stan Lee lo pensò per i suoi X-Men quasi quarant’anni fa ed è stata la fortuna della serie.

L’approccio “i supereroi visti dall’uomo comune”, fichissimo point of view che permette di render conto dello shock dell’uomo della strada di fronte al flying man di turno, lo teorizzò Paul Dini e lo rese opera d’arte Alex Ross nel suo Marvels.

E potrei continuare a lungo.

Heroes è pieno di ottime intuizioni (si pensi, per esempio, alla gestione della tematica del viaggio nel tempo e a quella del futuro alternativo, post-atomico), ma si tratta di intuizioni datate.

Da anni l’industria statunitense del comic book lavora per estirpare l’eroe dalla sua tutina colorata e Heroes è quasi un bilancio di quindici anni di sforzi. Bilancio in attivo, senza ombra di dubbio: fa un certo effetto veder svolazzare il deputato mascellone teo-con per i cieli della Grande Mela o sopra il deserto di Vegas vestito solo di un paio di braghe del pigiama.

Però non basta per stupire l’onnivoro lettore di giornalini americani.

Per ogni personaggio di Heroes potrei citarvi un corrispettivo nell’universo Marvel, in quello DC o negli ultraversi delle editrici minori.

L’editoria a fumetti a stelle e strisce, al momento in cui Heroes appare sul piccolo schermo, ha già stravolto l’icona supereroistica, l’ha rivoltata come un calzino da anni.

E persino l’intuizione del coinvolgimento dei Servizi segreti nel complotto dei mantellati lascia il tempo che trova (se volete leggervi qualcosa di serio sull’argomento, non perdetevi la saga di Sleeper)

Eppure…

Sì, signori, c’è un eppure.

Eppure Heroes mi è piaciuto. E continua a piacermi (la seconda serie è in onda in America da qualche settimana e ho avuto la fortuna di visionare i primi episodi).

Perché, direte voi, se conosci già la storia?

Credo che i motivi siano essenzialmente due.

In primis, nonostante lo spopolare dei supereroi sul grande schermo (Spiderman, i Fantastici Quattro, il nuovo ciclo di Batman milleriano), per chi da anni si nutre di tigri di carta, godersi lo spettacolo degli effetti speciali, con gli uomini volanti, le cheerleader autorigeneranti e i geeks nipponici che viaggiano nel tempo e nello spazio è una gran soddisfazione. Datemi pure del tamarro, ma tant’è…

In secundis, perché Heroes ha nel proprio codice genetico qualcosa che gli Americani conoscono bene e che noi europei ci siamo dimenticati da un pezzo: l’epica.

C’è poco da fare, da duemila anni a questa parte amore, morte, viaggi in tutto il mondo conosciuto, sacrificio e fede incondizionata sono ciò che fa vendere milioni di copie.

Da Omero a Shakespeare, passando per Miller e i supereroi della TV.

Personaggi non troppo tridimensiali che compiono imprese grandiose. Che mettono in gioco se stessi per il futuro del pianeta.

Con tutta l’autoironia e il distacco che ci si aspetta dagli abitanti del XXI secolo, ci mancherebbe.

Ma pure sempre, in fondo, eroi.

Poche storie, nel panorama dell’intrattenimento, hanno avuto negli ultimi anni il respiro di Heroes. Persino gli Spider Man di Raimi sono troppo spompi in questo senso.

L’unica cosa che si avvicina a un sogno così ambizioso come quello della serie di Kring è l’ultimo romanzo dei KAI ZEN, La strategia dell’Ariete.

Nessuno, a parte Chabon con il libro che gli valse il Pulitzer (The Amazing adventures of Kavalier and Clay) si era spinto così in là negli ultimi due lustri (e comunque Chabon era rimasto sempre un passo indietro. Adesso un po’ sta recuperando con le storie dell’Escapista…)

Dunque, poco importa se le idee sono un po’ datate.

Le emozioni che suscita Heroes sono eterne, transgenerazionali.

Seguite la serie fino in fondo, datemi retta. E non perdetevi la prossima stagione.

Se avete sete d’assoluto, i supereroi di Kring fanno proprio al caso vostro.

8 commenti:

Gian Luca ha detto...

Sono stato un amante dei fumetti Marvel quando ancora in Italia li pubblicava la Corno ed ero adolescente nel periodo in cui erano profondamente in crisi di vendita nelle edicole dello stivale. Fu il buon MM Lupoi a continuare a crederci e a tenere in piedi la pubblicazione durante quella zona grigia, preambolo del ritorno al successo grazie alle numerose trasposizioni cinematografiche e della ripresa di un continuum decente proposto in edicola da parte della Panini Comics. Il mio eroe preferito all'epoca era Spiderman, a ruota lo seguivano gli X-men e il Batman di Miller. Li ho persi di vista da un pò gli eroi in calzamaglia e se esci dal loro mondo si fa una certa fatica a riprenderne le fila, anche se non ho per nulla abbandonato il mondo dei fumetti e non sopporto chi li reputa robetta da ragazzini.
I film dedicati ai supereroi mi hanno fatto lo stesso effetto del il Signore degli Anelli: una "violenza" alla mia fantasia.
Nel caso di Tolkien una violenza totale, perchè io ho assegnato nella mia mente ai vari personaggi proprio tutto: forme, volti, voci e il film mi ha proposto degli sconosciuti. Nel caso di Spidey invece ho visto una faccia diversa a quella di Peter Parker e una voce che non era la sua. Insomma le trasposizioni cinematografiche in entrambi i casi non sono state per quanto mi riguarda memorabili. E le ho praticamente dimenticate, rimosse, ritornando a rivedere quei personaggi con gli "occhi" precedenti.
Qualche tempo fa ho letto una recensione che riguardava "Heroes" e mi ha interessato parecchio: primo, perchè mi ha ricordato appunto l'universo Marvel e poi perchè mi ha ricordato "I figli della mezzanotte" di Rushdie, dove dei cittadini indiani nati alla mezzanotte nel giorno dell'indipendenza dell'India si ritrovano ada avere curiosi poteri.
Quando ho letto la recensione di "Heroes" ho dovuto però affrontare un problema tecnico: non ho la tivù. Li ho cercati dunque sul mulo. Ad oggi ho scaricato i primi 10 episodi della prima serie. Sono d'accordo con te Simone, mi è piaciuta molto e penso continuerò a seguirla in P2P: sì, anch'io ho sete di assoluto, per odino!

Simone Sarasso ha detto...

Lo straniamento del passaggio dalla tavola al grande schermo è qualcosa con cui gli appassionati di fumetti fanno i conti da anni.
Persino in campo fumettistico, il lavoro di Alex Ross (che usa modelli in costume per le proprie illustrazioni) è stato uno shock in questo senso: dall'oggi al domani Supes, Batman e soci avevano una faccia. E la faccia era più simile a quella del (bell')uomo della strada che a quella di un attore.
Heroes ha il vantaggio di partire da zero. I due frateli italoamericani, la cheerleader, lo stesso Hiro, sono prima esseri umani (persone nemmeno tanto speciali, a dirla tutta...) che eroi. E si finisce per amarli sotto più punti di vista.
E' molto interessante quello che dici su Rushdie. Lo stesso Kring ha ammesso in un'intervista che il personaggio del dott. Suresh è un hommage ai "Figli della mezzanotte".
Guardati tutta la prima stagione Gianplugged, specialmente l'epilogo (strepitoso) e poi parti a bomba con la seconda: non rimarrai deluso.

Anonimo ha detto...

Che te posso di', Simone, che tu già non sappia, riguardo il mio rapporto con gli eroi in calzamaglia e "sottomutanne", come ebbe a definirli nel suo siculo-americano, il grandissimo John Buscema, quando io e gli altri di "Elektra Magazine" lo intervistammo in quel di Roma?
Che sono improbabili? Che non potrebbero esistere, ma che la loro epicità li rende simili agli eroi omerici greci e troiani che abbiamo studiato a scuola millenni fa? Che la lotta tra il bene e il male fa sempre audience, specie se il bene alla fine trionfa (anche se nella realtà spesso non è così?) e l'ordine delle cose viene ristabilito, vincendo sulle forze del caos?
Per uno che si è letto il Silver Surfer di Lee e del già citato John Buscema, seconda scelta (!!) per l'albo di Daredevil, ma che al contempo sbavava sulle tavole del "Re" Kirby che illustravano le vicende di Capitan America o su quelle (estranianti) di Jim Steranko per Nick Fury e poi per Cap America, o si sentiva trasportato verso l'infinito ed oltre, sempre grazie al Re e alla mirabolanti tavole su "Il mitico Thor", vedere "Heroes" è puro esercizio stilistico nel riconoscere dove e come Joseph Loeb si sia divertito a scopiazzare quel personaggio piuttosto che un altro (ci sarebbero almeno una mezza dozzina di cartoonist che potrebbero citarlo per plagio, da John Byrne a Jim Shooter, passando per Len Wein e Chris Claremont...), ma alla lunga stanca.
Dopo "Watchmen" il fumetto in calzamaglia DOVEVA diventare qualche altra cosa. L'hanno inteso solo nel messaggio più becero (gli eroi trasformati in fotocopie sbiadite dell'ispettore Callahan-Clint Eastwood, vigilantes armati pronti a tutto pur di fermare i cattivi).
Io ho da tempo abbandonato il cosmo Marvel al suo destino, gettandomi anema e core nelle vicissitudini di Superman, Batman e company, gli unici, originali, davvero MITICI (vuoi mettere Quicksilver con Flash-Barry Allen, o Namor il Sub-Mariner con Aquaman? Non c'è partita, dai...), capaci sempre e comunque di mettersi in discussione, mentre i loro dirimpettai al massimo cambiano il costume per qualche numero, sinché durano le vendite e poi...

Mario Uccella

Simone Sarasso ha detto...

@Mario: Aquaman rulez!
Comunque anche Mamma Marvel si sta attrezzando con qualche produzione degna di nota. Civil War è stato un inizio e ora si corre vero World War Hulk e mi pare fico assai.
Certo che la Vertigo è un'altro cosa...

Anonimo ha detto...

Civil War?
Simo', è la scopiazzatura (in brutto) di quel capolavoro che è Kingdom Come di Mark Waid e Alex Ross...
Eppoi: Tony Stark, Reed Richards, Xavier, T'Challa e Namor che fanno la parte dei "cattivi" stile loggia massonica e cupola mafiosa, è roba vecchia!
Iron Man era un bastardo sin dai tempi della distruzione dei Vendicatori ad opera di Kang e Mantis, tant'è che per sconfiggerlo, gli altri dovettero tornare indietro nel tempo e riportare con loro la versione diciannovenne ancora "incorrotta" dello stesso personaggio (altra scopiazzatura della stessa storyline DC Comics che vedeva impegnata la Justice League impegnata a rendere innocuo Lanterna Verde, impazzito e in possesso di TUTTI gli anelli del Gren Lantern Corps...)
Charles Xavier, il professor X, è sempre stato un nemico dei super-eroi, a differenza del suo alter-ego, Magneto, il VERO capo dei mutanti conosciuti come X-Men.
Namor il Sub-Mariner è un pazzoide con il sangue atlantideo adulterato dalle troppe bolle d'aria, e Reed Richards un misantropo avvelenato dalle troppe sconfitte scientifiche rimediate da quando si è posto a capo dei Fantastici Quattro. Infine, il sovrano del Wakanda, alias Pantera Nera, è un razzista al contrario, diciamo un ispettore Tibbs esacerbato dalle troppe rivendicazioni.
Vuoi sapere il risultato di tutto ciò? Te lo dico?
La finta "morte" di Capitan America, la sua messa in animazione sospesa, infine il suo ritorno stile "SuperPatriota", armato sino ai denti e con un nuovo costume appositamente studiato da Alex Ross...
Altro che Frank Miller e "Io sono fedele solo al Sogno" (americano)!!!!
Spiacente, ma stavolta Quesada, Mark Millar e soci hanno clamorosamente toppato.

piesse: in quanto ai vari Lupoi, Scatasta, Plazzi e compagnia bella della Marvel Italia, avrei decine, anzi centinaia di aneddoti da raccontare, splendori (pochi) e miserie (molte, tante, troppe...) per averli conosciuti molto, ma molto, ma proprio molto, da vicino.

Mario Uccella

Simone Sarasso ha detto...

@Mario:
Kingdom Come era Kingdom Come (ne conservo gelosamente una versione cartonatissima con copertina in vera finta pelle...). Come il Batman di Miller è il Batman di Miller.
Però, però, però...
Io ho sempre amato di più la DC che la Marvel, lo ammetto (fin dalla saga dei quattro Supes). Ma non mi sono proprio annoiato a leggere Civil War.
E poi in casa Marvel ci sono (saltuariamente) chicche come il Punitore di Ennis. E per books come Madre Russia e personaggi come quella di Pete lo Sfregone (non ricordo in che albo fosse... La recupero e ve la giro) caccio volentieri soldini a papà Stan Lee e i suoi...
Ah, in tema di outing: nonostante adori Aquaman, ho un debole per Namor (il Namor prima maniera). Dev'essere colpa di Marvels e di Ross...

Anonimo ha detto...

Come deve avercelo anche Susan Storm, nonostante gli anni passati con quel mollaccione di Mr.Fantastic (secondo me, come direbbe Alex Drastico, ce l'ha piccolo...)
E sempre in tema di outing: io ho conosciuto gente come Stan Lee (sarà pure il papà del cosmo Marvel, ma il contributo di Jack "The King" Kirby dove lo mettiamo?), Buscema, Miller e Lynn Varley (ebbi più emozione a chiedere a lei che a lui un autografo sulla mia copia di "Elektra lives again"), John Byrne, Jim Lee e i suoi accoliti della Wildstorm, Grant Morrison e Pete Milligan, ma vuoi sapere qual'è l'incontro che porto racchiuso nel mio cuore di fumettaro fallito? Quello con un piccolo e dignitosissimo signore dal naso adunco e dai grossi baffoni spioventi che una sera a Lucca, stimolato da una semplice domanda, mi dimostrò quanto lunga ancora avrebbe dovuto essere la strada per comprendere sino in fondo quel mestiere, il mestiere del racconta storie, demolendo in pochi minuti un personaggio del quale non sapeva nulla e ricostruendolo daccapo da par suo.
Il nome? Roberto Raviola, in arte Magnus.

Mario Uccella

Simone Sarasso ha detto...

@Mario: Susan, si sa, è sempre stata frivola. E Gommone, senza dubbio, ce l'ha piccolo.
Grande invidia per tutta la gente che hai avuto la fortuna di conoscere (specialmente il vecchio Frank e sua moglie).
Concordo: Magnus è Magnus...