DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

giovedì 12 luglio 2007

La mia risposta a Wu Ming 2

Le critiche le avete lette. Roba forte, non c'è che dire.
Adesso è tempo che sentiate l'altra campana.
Di seguito la mia mail di risposta a Giovanni.
OCCHIO A UN PAIO DI COSE:
1) Nella mail faccio riferimento a uno scritto, una sorta di Dietro le quinte di Confine di Stato. Il testo faceva parte dei Contenuti speciali della Prima edizione di Confine, l'edizione Effequ.
Quel testo non c'è nella versione Marsilio, ma tra pochi giorni sarà online qui. Magari lo metterò anche su questo blog, vediamo come vanno le cose, ok?
2) Non è proprio uno SPOILER, ma poco ci manca. Nella mail si dice qualcosa del prossimo volume della trilogia. Qualcosa sui personaggi. Se non volete sorprese, please, don't read.
Tutto chiaro?
Ok, si va.

Caro Giovanni,
grazie.
Grazie per il tempo che hai dedicato al mio lavoro.
Grazie per l’attenzione, l’inc
oraggiamento, la delicatezza.
Grazie per avermi trattato come un fratello minore e non come un allievo zuccone.
Sono cose che non si dimenticano.
Specie se il tizio che te le scrive è uno di quei cinque che, con i loro libri, ti hanno spinto a mettere nero su bianco le tue ossessioni.

E adesso veniamo alle critiche, punto per punto.
Partendo dal fondo.

La gaffe partigiana.
Non c’è che dire: bella figura di merda.
Mi sa che a stretto giro scriverò qualcosa sul mio blog (http://confinedistato.blogspot.com/) per spiegare la caciana (si dice così da queste parti) e tentare di rimediare. A mia (parziale, esile) discolpa posso solo dire che, dovendo scrivere di Riviera partigiano, l’immagine che continuava a frullarmi in testa (merito del libro, ma credo soprattutto del disco degli Yo Yo) era quella tratteggiata dalle parole di Ettore. E giuro che l’ho letto Fenoglio, ma non è tornato a galla…
Così ho finito per citare col cuore ma senza la cabeza.
Chiedo scusa a voi. E anche se i diretti interessati non ci sono più, trovate il modo di riferirglielo…

Il golpe e l’incursione cubana.
Il golpe non era previsto. Non in questo volume, almeno. Ovviamente hai visto giusto: sto pensando al dicembre del ’70 e a Borghese.
Con la fumata bianca del colpo di Stato dell’Immacolata si aprirà Settanta, ossia il secondo volume della trilogia.
È altresì vero che la virata narrativa è stata dettata dalla fretta di chiudere. Ricordo quando scelsi di inserire Giangiacomo Feltrinelli nel libro. Fu, ancora una volta, colpa di Boatti. Mentre studiavo Piazza Fontana, il suo nome fece capolino, e mi innamorai del personaggio. Narrativamente la caccia all’uomo era una bomba, poteva dare un sacco di soddisfazioni. Sull’onda dell’entusiasmo arrivò pure l’incursione a Cuba. Fu il trasporto emotivo verso Ellroy, più che l’attenzione alla coerenza strutturale della storia, a muovermi.
E incursione a Cuba fu. A quel punto ero molto distante da dove ero partito. E la storia bisognava finirla con la chiusura di un conto personale. Quello tra Sterling e l’Editore.
Vedi, qua iniziamo ad avvicinarci ad uno dei punti fondamentali che separano la mia scrittura dalla vostra (che della vostra e del vostro “metodo” è pur figlia): io incedo volentieri nel mainstream e nel maranza. E subisco il fascino della tamarrata tarantiniana infinitamente di più di quello della verosimiglianza storica. Ma ne parlerò meglio quando sarà ora di tirare le orecchie al Mago.

Il Mago.
Ci siamo. Qui c’è il nucleo della mia poetica. E con quello che dirò di seguito non voglio dire che non condivido le critiche che mi hai mosso. Hai ragione riguardo alla sua inesistente funzione narrativa. Tanto più considerando che non ho nessuna intenzione di farlo tornare, almeno non nel secondo volume della trilogia.
Il Mago è la nota stonata, la voglia di inserire un flash da lsd dentro un manifesto pubblicitario degli anni Sessanta. Volevo raccontare la storia di Superman di Ennis. Volevo che fosse Ennis a raccontarla. E volevo che la raccontasse come Bill parla di Superman a Beatrix Kiddow nel capolavoro di Tarantino.
Questo vorrei fare. Vorrei essere in grado di costruire un bel meccanismo che parli del nostro Paese col gusto e la sensibilità del cinema di Mr.T.
Dunque, il Mago: ho voluto che uno squarcio sulla società americana stesse in bocca ad un tizio tutto matto.
Considerando le reazioni (a parte qualche fumettaro incallito e il mio primo editore, il Mago non piace quasi a nessuno), probabilmente ho imboccato la strada sbagliata. Ma le intenzioni erano precise.
Le tentazioni saranno ancora più forti nel prossimo volume. Tanto per dire, tra i vari personaggi, ce ne sarà uno disegnato sulla falsa riga di Maurizio Merli. Bisognerà, come dici tu, stare accuort

Trama.
Trama non era un personaggio in origine. Era la risposta all’esigenza di mettere ordine nel casino del caso Montesi. Se io non capivo qualcosa su come funzionava la Storia, la mia perplessità passava a lui.
Il sapore di poca chiarezza mi è comunque rimasto in bocca anche dopo la chiusura del romanzo. E Trama ne ha patito le conseguenze.
La tua, però, è stata la sola critica nei suoi confronti. Benché io non fossi molto convinto della compiutezza del suo ruolo, a molti è piaciuto. A molti (direi a tutti quelli che hanno letto il libro) è sembrato necessario.
Lo è sembrato anche al palato difficile di monsieur Pietro Cheli (la parte su Ester è quella che ha amato alla follia). E tu sai quanto sia difficile andargli a genio…

Sterling.
Se parliamo della sua bidimensionalità, torniamo al discorso sulla poetica del romanzo. Sterling volevo che fosse un cattivo da fumetto anni Trenta. Da film di indiani e cowboy. Male puro, senza spessore. Non vorrei però dilungarmi qui, su di lui. Credo di aver spiegato abbastanza comprensibilmente la cosa nel DIETRO LE QUINTE presente nella prima edizione e tagliato (per ragioni di spazio e di prezzo di copertina) nella nuova Marsilio edition. Ti allego il file: se ti va di dargli un’occhiata (senza badare al fatto che è scritto molto sopra le righe) potrebbe chiarirti qualche idea sugli intenti.

Questo è quanto.

Un abbraccio,

Simone