lunedì 15 ottobre 2007
Entusiasmi democratici e delusioni sportive
Ho visto con piacere che il mio entusiasmo per il nascente PD è stato variamente discusso nei vostri commenti. Ne sono nati spunti gustosi, tanto che secondo me val la pena scrivere qualche riga in più di un semplice commentino di risposta.
Barbara si chiede se sia davvero possibile la conciliazione di identità storiche così diverse (la Margherita e i DS) e Marco, un po' a malincuore, paragona il diffuso sentimento di delusione nei confronti della politica a quello che ha attanagliato centinaia di tifosi (calcistici ma non solo) all'esplodere di scandalacci quali Calciopoli o quello relativo al doping.
Lungi da me fare propaganda "democratica". Ci sono luoghi più indicati e persone molto più adatte (nel bene o nel male) del sottoscritto. Ma visto che se ne parla, tanto vale rendere ragione del mio spregiudicato entusiasmo delle ultime ore.
In un paese in cui Grillo ha svelato le oscenità del Palazzo senza pudori, in un paese dove La Casta ha venduto (e meno male) un milione di copie, appassionarsi alla politica, credere in una sua rinascita improvvisa è quanto meno ostico.
Ma si guardi, per cortesia, che c'è scritto sulla prima pagina del libro di Rizzo e Stella:
A Leone e Sofia,
nella speranza che crescano appassionandosi alla politica.
Diversa, però.
Il Walterone Nazionale non ha vent'anni e nemmeno trenta, questo è certo.
Non li ha nemmeno Letta.
Su Gawronski ed Adinolfi non aprirei bocca.
Il nuovo segretario del partito democratico non è un volto nuovo. Milita da anni ed è cresciuto nella scuola del PCI. Anche con tutto l'entusiasmo possibile nei confronti del suo lavoro di amministratore della Capitale, non si può scorgere in lui il segno del rinnovamento.
Ne convengo.
Dimentichiamoci però per un attimo del vertice e diamo un occhio alla base.
Anni fa (quasi quindici, ormai), quando il carrozzone del Cavaliere muoveva i primi passi nel mondo politico, si aprì un ventaglio inconsueto di opportunità per i giovani che volevano fare la propria parte.
Dai consiglieri provinciali, ai responsabili di quartiere, su su fino alle cariche dirigenziali, nel neonato partito del Berlusca confluì una generosa fetta della nuova classe politica.
E nelle vecchie sedi del PDS che si faceva? Si lavorarava ancora alla maniera di Togliatti. Strutture fortemente gerarchizzate, vecchie carampane che a forza di stare all'opposizione parevano averci preso gusto, al punto da essere incapaci di governare persino le amministrazioni locali per piùdi un semestre.
Ragazzi e ragazze volenterosi (e, ahimè è il caso di dirlo, un po' ciucci) nelle fila di Forza Italia hanno imparato a far politica, a lavorare insieme per un fine comune.
Peccato che il fine fosse quel che era (cercare di tenere quel signore basso basso il più a lungo possibile fuori di galera) e che nel giro di un quinquennio le dirigenze fossero blindate, conservate per i riciclati della DC, per i piessini, per qualche vecchio fascista allo sbando in cerca di casa.
D'altro canto, nella Casa Rossa cosa si faceva durante le transizioni da PCI a PDS e da PDS a DS?
Gran bei comizi e grossi lacrimoni ogni volta che l'ottimo Fassino piangeva per un addio ("Questa è l'ultima volta che parlo da un palco del PCI..."; "Questa è l'ultima volta che parlo da un palco del PDS..." e via discorrendo, come disegnava Vauro qualche giorno fa), ma di fatto non si è mai rinnovata la struttura. Le gerarchie e la scuola del Partito sono rimaste la stesse da quando Baffone era ancora vivo.
Qualcosa di nuovo sembrò affacciarsi con la Margherita, ma molti come il sottoscritto si sentirono troppo a sinistra per votare il neonato partito del mascellone Rutelli.
Sempre per parlare di come stavano le cose alla base, nemmeno a casa del bellissimo sindaco di Roma c'erno le possibilità che aveva offerto Forza Italia ai tempi della propria assemblea costituente. Un po' più dispazio per le donne, questo va riconosciuto, ma quelle giovani (leggi: sui trenta e magari un po' più vecchierelle) - didascalicamente - al massimo venivano inquadrate nei comitati giovanili (leggi: nessun potere, nemmeno a livello cittadino). Quelle un po' più in là con gli anni, bene che gli andasse, facevano i gregari.
Adesso, finalmente, qualcosa è cambiato.
A suo tempo mi ero arrabbiato sulla blindatura delle liste elettorali da parte di un partito che ha, tra gli obiettivi della propria costituente, la riforma della legge elettorale. Che senso ha andare a fare le primarie col vecchio sistema elettorale se siam qui per cambiarlo? Bell'esempio che diamo.
Poi, venerdì sera, Luciano Violante mi ha svelato l'arcano.
Non è che l'abbia svelato proprio a me. L'ha spiegato alle trenta persone che si erano radunate al Conservatorio di Novara per sentirlo. E tra quei trenta fortunati c'era anche il vostro Sarassone.
Senza troppi giri di parole, se si uniscono le liste blindate (ossia, senza la possibilità di esprimere preferenza diretta per il candidato) alla legge sulle pari opportunità (accolta alla lettera dalla costituente del nuovo PD), si ha la possibilità (rivoluzionaria sino ad ora) di costruire la neonata dirigenza di un partito con il 50% garantito di presenze femminili.
Se le liste non fossero state bloccate, diceva Violante, indovinate un po' chi sarebbe stato spinto in avanti? I soliti maschietti.
Perchè non è che in Parlamento non ci sia posto per le signore. Ma il punto è che per far entrare una signora bisogna cacciare un uomo. E già lo sai come vanno a finire queste cose.
Già solo con questa miglioria si sorpassano vetusti comportamenti da scuola di partito marxista-leninista.
Se ci aggiungete le quote riservate ai giovani, vi renderete conto in fretta di quanta gente tra i venticinque e i trentacinque entri a far parte del direttivo del nascente PD.
E le dirigenze, signori, saranno votate, mica caleranno dall'alto come accadde per la setta del Berlusca (o come capitava già solo per il vecchio PCI).
Quindi ci sarà la possibilità non così remota di vedere, nel giro di un quinquennio, la Sinistra italiana completamente rivoluzionata.
Roba come questa (mica solo il bel faccione di Walter) mi scalda il cuore.
Così come me lo scaldano i ragazzini della Sanmartinese Calcio (squadretta di quartiere dei dintorni di casa mia) o la primavera del Toro (Marco, hai a che fare con un vecchio granata, I'm really sorry).
Quanti di loro arriveranno in serie A?
Quanti di loro si perderanno per strada?
Quanti di loro si faranno rovinare dal marciume del mondo corrotto dello sport più venduto del mondo?
Non ne ho idea. Ma so che molti di loro continueranno a giocare con passione, talento e metodo finchè le ginocchia li terranno in piedi. E questo mi basta.
Se poi capitasse di vederne qualcuno in Nazionale (o in Parlamento) , allora vorrà dire che il mio entusiasmo era speso bene.
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