Di anni ne sono passati quasi quaranta. Da quella maledetta notte che cambiò tutto, per sempre.
A tre giorni dalla strage di Piazza Fontana, Pino Pinelli – ferroviere anarchico – dopo settantadue ore di interrogatorio vola dalla finestra dell’ufficio del commissario Luigi Calabresi, al quarto piano della questura di Milano. Si schianta sull’asfalto del cortile ma non muore sul colpo. La sua agonia dura altri dieci, interminabili minuti.
Il 17 maggio 1972 il commissario Luigi Calabresi viene ucciso sul marciapiede antistante la propria abitazione con due colpi di pistola. Per l’omicidio saranno processati e condannati, nel 1990, Adriano Sofri, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrosefani e Leonardo Marino. I primi tre a ventidue anni di carcere, l’ultimo a soli undici: il pentito Marino approfittò degli sconti di pena offerti ai collaboratori di giustizia.
Questa la storia in due parole. La storia che più o meno conoscono tutti. La storia che è passibile di interpretazioni, che offre il fianco a dietrologie o revisionismi.
La storia che non m’interessava per niente mentre leggevo SPINGENDO LA NOTTE PIÙ IN LÀ di Mario Calabresi e LA NOTTE CHE PINELLI di Adriano Sofri. Dentro alle pagine di questi due libri ho cercato la voce del passato, e l’ho trovata solo in quelle del figlio del commissario Calabresi.
Nonostante l’inizio folgorante sugli “anni di fumo”, il libro di Sofri annoia. Elenca, ragiona, sottopone dati e fa raffronti. Calcola, azzarda ipotesi, trae conclusioni. Le premesse sono quelle di un racconto cuore a cuore del tempo che fu, fatto a una ragazza di vent’anni (che quel tempo, bontà sua, nemmeno se lo può immaginare).
Il risultato è un freddo e nudo testo per appassionati e specialisti, il genere di libro che definirei “da consultazione”. Utile per chi fa il mio mestiere, o magari lo storico, ma non il genere di testo da tenere sul comodino.
SPINGENDO LA NOTTE PIÙ IN LÀ, invece, parla dritto al cuore. Lo dice la fascetta firmata Aldo Grasso e ha ragione. Mario Calabresi è del 1970; quando morì suo padre aveva due anni. Difficile ricordarsi qualcosa, eppure… Eppure le sue parole rendono viva la storia di una famiglia, la fatica di crescere orfano, il peso sulle spalle di un cognome come quello. E poi ancora raccontano il peso dei passi di un adolescente immerso nei microfilm della Biblioteca Soriani, col capo chino a ripercorrere quegli anni micidiali, a scandire parola per parola la campagna diffamatoria condotta ai danni del proprio padre.
Un gran libro, uno dei migliori che abbia mai letto sugli anni Settanta.
Se siete in cerca del profumo del decennio più controverso della storia del paese, SPINGENDO LA NOTTE PIÙ IN LÀ è il libro che fa per voi. Lasciatevi incantare dalla penna di un ragazzo che in quegli anni, troppo in fretta, è diventato uomo.