Dovevamo partire alle undici.
Abbiamo imboccato l’autostrada alle 12.20.
Il noi constava di due sole unità: il sottoscritto e il maestro Daniele Rudoni.
Dal momento che era venerdì, la mia mogliettina lavorava e non poteva accompagnarmi, si è partiti noi uomini.
In condizioni normali, Novara-Firenze sarebbe un viaggio da quattro ore, quattro ore e mezza al massimo.
Con me alla guida e una coda infinita in entrata al capoluogo toscano, di ore ce ne abbiamo messe sette.
“No, è che ci siamo fermati a mangiare…”
Questa la scusa ufficiale. In realtà non abbiamo idea di come ci possa essere voluto così tanto per arrivare a destinazione.
Ad ogni buon conto parcheggiamo a Piazzale Michelangiolo (dove il navigatore nuovo di pacca ci conduce non senza qualche incertezza – l’unico satellitare che prende male al chiuso. E per chiuso intendo l’abitacolo della Clio) e scendiamo all’imbrunire verso la città.
L’editore Fernando Quatraro, suo figlio Federico e l’amico Andrea ci attendono già da mezz’oretta fuori dalla splendida libreria Edison.
Io e il maestro, assetati a morte, ci facciamo attendere ancora qualche minuto: un bianco in Via dei Neri (si noti l’ossimoro ska) è d’obbligo.
La vetrina della libreria parla da sola e a momenti mi commuovo: venti Turkemar campeggiano in bella mostra contornati (vai tu a sapere perché) dalle Lezioni semiserie di Severgnini.
Il colpo d’occhio è gustoso. Al punto che, non appena mi faranno avere la foto, la manderò anche all’ottimo Severgnini.
Sette e mezzo: prestino, visto che la presentazione comincia alle nove.
Allora, dagli col bere (che tanto guidare si è guidato, arrivati si è arrivati): un rosso delizioso all’antica vineria dei Fratellini. Qui ci arriviamo trascinati da Fernando, che rimembra nostalgicamente i tempi dell’università e quasi si commuove a ritrovare intatto il locale così come lo lasciò venticinque anni fa.
Un pelo fuori luogo la domanda al gestore: “Ma siete sempre voi? È tutto come nel '77! (gli anni son già diventati trenta, n.d.r.) Uguale uguale…”
Il trentenne che ha rilevato il posto mal guarda il dottor Quatraro, non si capisce se offeso per sentirsi dar dell’anziano precoce o per i supposti riferimenti allo stato d’abbandono del luogo.
Dunque, niente secondo giro: serranda sul muso.
Un’occhiata all’orologio: avanza un’oretta per mangiare.
Una pessima pizza surgelata al salame piccante ed eccoci di nuovo in libreria.
Atmosfera da pelle d’oca.
Qualche presentazione l’ho fatta e l’affluenza ai miei reading, diciamocelo pure, non ha mai superato i quaranta, quarantacinque spettatori.
Al primo piano della Edison, di ascoltatori ce n’erano almeno settanta seduti, qualcuno in piedi e molti gironzolanti nei dintorni.
Grandissima emozione.
Tra i “pervenuti” merita una menzione speciale la signora A., che io e mia moglie conoscemmo durante il viaggio in aereo verso Creta (sedeva tra noi due).
La signora non solo ha mantenuto la promessa d’agosto (cercherò di esserci…), ma si è pure portata appresso marito e figlio.
Colgo l’occasione per ringraziarla di cuore. È il genere di cose che genera la lacrimuccia.
Ci sarebbe da dir grazie anche agli amici novaresi trapiantati nella terra dei Medici, anche loro presenti nonostante infreddature e mali di stagione.
E già che siamo, grazie anche a Giovanni Bruni, che l’evento l’ha organizzato. Senza di lui non sarei ancora stato a sciacquare i panni in Arno.
La presentazione fila liscia fino in fondo, la gente sorseggia spumante e addenta stuzzichini mentre il sottoscritto racconta del negozio del nonno e della musica di Buscaglione (per i curiosi: date un’occhiata alle FAQ in fondo a Turkemar. È copyleft, non costa nulla…).
Sul finale, un imprevisto lascia tutti di stucco.
Un ascoltatore anziano, graziosamente vestito come Robin Hood (giuro!), alza la mano mitagliandomi di nonsense. Del tipo: “Avete detto che Latilla beveva. L’ho sentito bene! Ma anche Buscaglione beveva! E come la mettiamo?”
L’abbiamo messa a tarallucci e vino.
Tarallucci pochi, vino abbondante. Il bicchiere di Robin si è svuotato e riempito per tre volte almeno.
Dribblato il “principe dei ladri de noantri”, abbiamo inforcato la voiture (è francese…) e dopo sole tre ore siamo approdati in quel di Orbetello.
Dodici ore più tardi (forse qualcosina in più) abbiamo ripreso conoscenza.
Casa Quatraro era accogliente come sempre (la frequento da qualche anno, ormai), e la cucina maremmana è roba forte.
Pici al sugo di cefalo e spigola a pranzo, carbonara e “taccone” (un tacchino incrociato con uno struzzo, a giudicare dalle dimensioni) a cena. Il tutto innaffiato dall’intramontabile Morellino.
Ah, quasi dimenticavo la strepitosa torta paradiso di Susanna (la moglie dell’editore). Deliziosa: io e il maestro Rudoni ne abbiamo sbafata mezza teglia.
La sera, da veri eroi della cultura contemporanea, abbiamo visto (con manifesti scopi digestivi) Cemento Armato, con Vaporidis e Faletti.
Vabbè, lasciamo perdere…
E l’indomani, di buon ora, via verso casa.
Trasfertina un po’ faticosella (quindici ore di macchina in tre giorni), ma assolutamente deliziosa.