Vieri,Del Piero e Totti sono all'aeroporto e dalla vetrata fissano un aereo.
Ad un certo punto Vieri esclama "Secondo me quell'aereo va a 600 km/h."
Del Piero ribatte "Secondo me invece va a 800 km/h."
Totti, sbigottito, chiosa: "Seee, mo’ vola !"
Questa vergognosa barzelletta deve avere all’incirca trent’anni. Con alterni interpreti nelle parti dei tre divi del pallone, circola più o meno da quando indossavo il grembiulino per andare a scuola.
Battuta vergognosa ma utile per far chiarezza su un paio di approcci possibili alla serie del momento.
Heroes ha fatto impazzire l’America e sta ben viaggiando anche da noi. Anche se, è opportuno ricordarlo, l’esordio in prima serata non è stato dei più fortunati. A sentire i ben informati, il direttore di Italia Uno Tiraboschi ha predisposto il 25 ottobre la sospensione della serie dal prime time.
Niente più eroi della domenica. Gli aficionados dovranno aspettare fino alla fine di novembre e sciropparsi flying man e Hiro Nakamura in seconda serata il mercoledì. Coppe permettendo.
Dev’essere nel dna delle produzioni fumettistiche. Ventun’anni fa, quando Dylan Dog si affacciò timidamente alle edicole, per i primi mesi vendette un bel niente. Grazie a Dio i lungimiranti di casa Bonelli videro lungo e tennero duro, perché nei mesi successivi l’albo iniziò a diventare il successo editoriale che è oggi.
Back in the days a parte, scendiamo in punta di piedi nell’analisi della serie: credo che ci siano essenzialmente due approcci possibili a questo validissimo prodotto d’intrattenimento.
A) Quello del comics-addicted
B) Quello del profano (poco importa se serial-dipendente)
Lo dico un po’ a malincuore (amo molto la serie), ma pare un dato di fatto: il fumettaro incallito si diverte pochino guardando Heroes, ed è pervaso da un costante senso di déjà vu.
Solo il profano, complice il rodato meccanismo seriale americano (gli sceneggiatori ti sfidano a fare ipotesi e congetture, ti fanno discutere con gli altri appassionati e spesso ti mortificano - tutto quel che pensavi e' sbagliato, riprova a dare un senso a questo casino -) riesce a godersi appieno lo stupore tottiano della atavica freddura.
L’altro tipo di utente è stato svezzato a questo tipo d’intreccio anni or sono (metà anni novanta, all’incirca), quando il fumetto americano mutava per diventare il maturo passatempo che è oggidì.
Vedo di scandagliare i particolari avendo molta cura di non parlare del finale (ancora ignoto a chi segue lo show su Italia 1).
Il concetto stesso del superpotere come una malattia, come difetto da nascondere, è vecchio come il cucco. Stan Lee lo pensò per i suoi X-Men quasi quarant’anni fa ed è stata la fortuna della serie.
L’approccio “i supereroi visti dall’uomo comune”, fichissimo point of view che permette di render conto dello shock dell’uomo della strada di fronte al flying man di turno, lo teorizzò Paul Dini e lo rese opera d’arte Alex Ross nel suo Marvels.
E potrei continuare a lungo.
Heroes è pieno di ottime intuizioni (si pensi, per esempio, alla gestione della tematica del viaggio nel tempo e a quella del futuro alternativo, post-atomico), ma si tratta di intuizioni datate.
Da anni l’industria statunitense del comic book lavora per estirpare l’eroe dalla sua tutina colorata e Heroes è quasi un bilancio di quindici anni di sforzi. Bilancio in attivo, senza ombra di dubbio: fa un certo effetto veder svolazzare il deputato mascellone teo-con per i cieli della Grande Mela o sopra il deserto di Vegas vestito solo di un paio di braghe del pigiama.
Però non basta per stupire l’onnivoro lettore di giornalini americani.
Per ogni personaggio di Heroes potrei citarvi un corrispettivo nell’universo Marvel, in quello DC o negli ultraversi delle editrici minori.
L’editoria a fumetti a stelle e strisce, al momento in cui Heroes appare sul piccolo schermo, ha già stravolto l’icona supereroistica, l’ha rivoltata come un calzino da anni.
E persino l’intuizione del coinvolgimento dei Servizi segreti nel complotto dei mantellati lascia il tempo che trova (se volete leggervi qualcosa di serio sull’argomento, non perdetevi la saga di Sleeper)
Eppure…
Sì, signori, c’è un eppure.
Eppure Heroes mi è piaciuto. E continua a piacermi (la seconda serie è in onda in America da qualche settimana e ho avuto la fortuna di visionare i primi episodi).
Perché, direte voi, se conosci già la storia?
Credo che i motivi siano essenzialmente due.
In primis, nonostante lo spopolare dei supereroi sul grande schermo (Spiderman, i Fantastici Quattro, il nuovo ciclo di Batman milleriano), per chi da anni si nutre di tigri di carta, godersi lo spettacolo degli effetti speciali, con gli uomini volanti, le cheerleader autorigeneranti e i geeks nipponici che viaggiano nel tempo e nello spazio è una gran soddisfazione. Datemi pure del tamarro, ma tant’è…
In secundis, perché Heroes ha nel proprio codice genetico qualcosa che gli Americani conoscono bene e che noi europei ci siamo dimenticati da un pezzo: l’epica.
C’è poco da fare, da duemila anni a questa parte amore, morte, viaggi in tutto il mondo conosciuto, sacrificio e fede incondizionata sono ciò che fa vendere milioni di copie.
Da Omero a Shakespeare, passando per Miller e i supereroi della TV.
Personaggi non troppo tridimensiali che compiono imprese grandiose. Che mettono in gioco se stessi per il futuro del pianeta.
Con tutta l’autoironia e il distacco che ci si aspetta dagli abitanti del XXI secolo, ci mancherebbe.
Ma pure sempre, in fondo, eroi.
Poche storie, nel panorama dell’intrattenimento, hanno avuto negli ultimi anni il respiro di Heroes. Persino gli Spider Man di Raimi sono troppo spompi in questo senso.
L’unica cosa che si avvicina a un sogno così ambizioso come quello della serie di Kring è l’ultimo romanzo dei KAI ZEN, La strategia dell’Ariete.
Nessuno, a parte Chabon con il libro che gli valse il Pulitzer (The Amazing adventures of Kavalier and Clay) si era spinto così in là negli ultimi due lustri (e comunque Chabon era rimasto sempre un passo indietro. Adesso un po’ sta recuperando con le storie dell’Escapista…)
Dunque, poco importa se le idee sono un po’ datate.
Le emozioni che suscita Heroes sono eterne, transgenerazionali.
Seguite la serie fino in fondo, datemi retta. E non perdetevi la prossima stagione.
Se avete sete d’assoluto, i supereroi di Kring fanno proprio al caso vostro.