DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

sabato 27 ottobre 2007

Renato blogger e gli animi infiammati


Ho guardato con una certa curiosità alla diatriba che ha scatenato la notizia del debutto online del quadriergastolano Vallanzasca Renato, da quasi quarant’anni ospite delle patrie galere.

Senza voler entrare nel merito della discussione sviluppatasi nei commenti (da queste parti ognuno è libero di dire la propria) ci terrei a precisare perché Vallanzasca è diventato, nel corso degli anni, materia d’interesse quasi feticistico per il sottoscritto.

Se si scrive crime novel a sfondo storico, rimestando nella palta dei misteri de noantri, il tipo di cattivo a cui ci si trova davanti corrisponde a un numero molto limitato d’esemplari: il violento alla Brusca o alla Provenzano, ferino nella sua crudeltà; il violento sognatore (o idealista) – e qui, si noti bene, parlo ancora del movimento extraparlamentare, sia rosso che nero, prima del passaggio alla lotta armata -; e infine l’uomo nero. Quello che non puoi inquadrare. Perché, come nel peggior film di spionaggi di serie Z (questo erano le porcate dell’intelligence degli anni Sessanta-Settanta), il suo operato è coperto da Segreto di Stato. E qui ti tocca immaginare (così nacque Sterling).

Insomma, anche scandagliando la storia recente per costruire della fiction di qualità, il nostro paese non offre granchè. O forse è colpa solo della nostra epica, della nostra limitata capacità mitopoietica, che il male è folle e insensato ovunque, che solo gli americani (o i giapponesi) riescono a costruirci sopra mondi ammalianti.

In questo pattume, la figura di Renato Vallanzasca stravolge ogni tipo d’archetipo.

Non sto parlando né dell’uomo né del criminale, ma dell’oggetto mediatico.

Le imprese di Vallanzasca non sono molto diverse da quelle di dozzine di criminali comuni suoi coetanei.

La vita di quest’uomo, cresciuto ai margini ma nemmeno troppo, non è di certo materia da romanzo.

Ma il Vallanzasca creato dalla carta stampata, il “Bandito dagli occhi di ghiaccio”, il “Bel René”, questo sì che è interessante.

È l’immagine stessa di un’estetica grossolana e spietata che la fece da padrona per tutto il decennio: se in America avevano Bronson, noi avevamo Maurizio Merli. E proprio il caso Vallanzasca rende l’idea di come un bandito possa trasformarsi in un’icona nel giro di tre o quattro editoriali.

Renato stesso ha contribuito ad alimentare il mito. Io credo che all’epoca amasse pensare a se stesso come un divo del cinema.

Certi atteggiamenti vennero esasperati nel prosieguo della sua carriera, ma tutto e sempre in funzione di quell’immagine mediatica che i giornalisti (i pennivendoli, direbbe Renato) regalarono al grande pubblico.

Con tutti i giustificativi del caso, non si parla più della stampa tontarella dell’epoca del caso Montesi. Negli anni Settanta l’Italia era un paese moderno, con un’economia in costante crescita e una maturità editoriale invidiabile (pensate a cos’era la stampa spagnola nel 1975, all’indomani della fine del franchismo).

Eppure…

Eppure è italianissimo il gusto per l’eccessivo, lo smodato.

E’ italianissimo il gusto per il romanzo d’appendice.

Questo tipo di processo mi ha reso molto interessato alla figura di Renato. La sua carriera da divo del cinema fake. Il suo rispecchiare l’Italietta che lo volle mito (pensate alle migliaia di donne che gli spedivano missive d’amore in carcere).

E devo dire che il libro di Massimo Polidoro ha aperto orizzonti d’indagine in tal senso impensabili anche solo dieci anni fa. Su Renato esistevano, lo dissi anche qualche post fa, solo il libro di Bonini, il volumetto dell’Arceri e un capitolo nel saggio di Fasanotti e Gandus.

Poca roba. Intrigante, vero. Ma datata. Quei libri cercavano l’uomo. O magari il criminale.

E ingeneravano dibattiti simili a quello a cui abbiamo assistito su questo blog. Sì, perché se si esclude la dimensione mediatica di Vallanzasca, restano solo l’essere umano e il bandito. E se si sceglie di trovarne simpatico uno dei due ci si mette nei guai. È una palese contraddizione in termini

Renato Vallanzasca è simpatico. Lo si evince dalla sua penna.

Renato Vallanzasca è, al contempo, un assassino. Un pluriergastolano.

E trovar simpatico un ergastolano, ne converrete, è un bel problema.

Ma torniamo a Polidoro: ciò che Massimo ha fatto, nel suo splendido libro, è trascorrere un sacco di tempo in emeroteca. Ha riportato alla luce il Vallanzasca che la stampa costruì ad uso e consumo dei propri lettori.

Certo, ha parlato anche dell’uomo e delle persone che si è circondato. E pure del malfattore.

Ma credo che il recupero del Vallanzasca dei giornali sia il picco più alto dell’opera di Massimo.

Il suo studio ha ridato vigore ai miei.

Ecco perché mi sento di consigliarlo, soprattutto a coloro che hanno curiosità di conoscere la faccia tronfia e troppo truccata – da starlet – dei Settanta.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Hai dimenticato Fabio Testi e finanche il "Califfo" (straordinario il suo "Gardenia, il giustiziere della mala", un personaggio modellato a sua immagine e somiglianza e - forse - anche sul bel Renée...)
A proposito di Testi, consiglirei la visione ripetuta di "Il grande racket", poliziottesco definito dalla critica specializzata del cinema-bis "metri, anzi chilometri al di sopra di qualsiasi Merli", ripreso da Castellari sul modello di "Killer Elìte" di Peckinpah, in cui Testi, ex poliziotto schifato dalla lentezza della legge e dalla sua acquiescenza con i malfattori, si mette al comando di un gruppo di comuni cittadini trasformati in simil-giustizieri della notte in stile Bronson all'anfetamina (Orso Maria Guerrini, Glauco Onorato e Renzo Palmer) per mettere fine alle imprese di una banda di fuorilegge...
E' vero che Merli è "il commissario" per eccellenza dei poliziotteschi, ma Testi rappresenta quell'esponente della società civile che si ribella ai soprusi mettendosi a parlare la stessa lingua dei cattivi. Ed è spesso una lingua che sa di cordite e sangue.
Tra le tante scene memorabili, Testi che uccide uno dei cattivi in un cesso guardandolo dall'alto in basso con espressione di pietra e brandendo un calibro 12 in mano. Gluaco Onorato, il boss della mala romana che, pestato a sangue e con la schiena a pezzi, dice a Testi: "A marescia',io nun so' un infame, ma me devi promette' che se campo, c'annamo insieme a falli fuori a quelli...". Oppure, Testi che si rivolge a Guerrini, un ingegnere a cui i cattivi hanno violentato e ucciso la moglie, dicendogli: "Ingegnere, duecento piattelli, duecento centri. Cosa ne direbbe di cambiare bersaglio?"
Altro che il bel Renée...

Simone Sarasso ha detto...

Manca solo un nome: Luc Merenda...
Come al solito, Mario rulez!

Anonimo ha detto...

La cosa brutta di questo paese è che c'è gente come te che idolatra personaggi intuili di cui un paese civile dovrebbe solo vergognarsi; esempi negativi che diventano miti, scrittori che diventano famosi per aver portato alla luci della ribalta gente che avrebbe dovuto solamente essere lanciata nell'immensità dell'oblio. Vallanzasca è solo un criminale, un assassino, uno che se avesse trovato tua sorella, tua madre tua zia sulla sua strada ad ostacolare i suoi biechi progetti non avrebbe esitato un solo istante a premere il grilletto di una delle tante pistole che sono state nella sua disponibilità.
Hai ragione, ciascuno di noi può pensarla come meglio crede, W la democrazia e lo stato liberale ma dopo aver scritto parole impregnate di cotanta cultura mi piacerebbe sapere se saresti stato in grado di esaltare questo " spregevole mito" se ci fosse stato tuo padre, tuo madre o tua sorella nella lista delle sue vittime.
La cosa che mi rammarica è che esitono tante persone, anche più colte di te, che la pensano come te, addirittura peggio, alcuni erano anche terroristi (forse lo sono ancora)....però VIVADDIO...siamo in democrazia!!!

Grazie per lo spazio

Il Postino

Anonimo ha detto...

...ma è veramente così difficile capire che nessuno sta idolatrando Vallanzasca?

Az

Simone Sarasso ha detto...

Ingannevole è la parola più di ogni cosa (altro che il cuore)...
Il post esplicativo l'ho pubblicato, altri commenti non so giunti. Forse gliel'abbiamo fatta a farci capire.
Speremm!