Fede non è venuto. Ma ha chiamato Cecchi Paone.
Questo il succo della cosa. Ma andiamo con ordine…
Sabato mattina sveglia a un’orario indecente (le quattro meno un quarto) dopo una notte insonne (l’ansia della partenza, che vo ffa?). Doppio caffè e via in autostrada fino a Milano e poi in tangenziale fino al deliziosamente economico Linate Parking.
Arrivo in aeroporto, freschi come delle rose, alle 5.30.
Stupiti della levataccia di massa dalle proporzioni titaniche (aeroporto gremito. Manco a Fiumicino ad aspettare l’italia di ritorno da Berlino…)
In qualche modo riusciamo a checkinare la enorme valigia verde che ci accompagna da un po’ in giro per il mondo. Imploro mezza sigaretta prima della partenza, chiedendo a mia moglie perché la valigia che ci servirà per tre giorni a Capri pesa di più di quella che c’è servita un mese in Indonesia.
La mia dolce metà sorride e sbatte gli occhioni: “Perché Capri è Capri…”.
Aaaahhh, allora…
Sono fuori a fumare e a momenti mi gioco il passaggio per Napoli: “Last call for Mr. And Mrs. Sarasso…”
Arrivo, arrivo…
Sull’aereo muoio di freddo e leggo il nuovo De Cataldo. Pietro Cheli, di Diario, mi ha fatto una testa così: non leggerlo. Non è all’altezza di Romanzo criminale e bla, bla bla… M’aveva quasi convinto.
Meno male che non gli ho dato retta. Nelle mani giuste è fichissimo. Ne divoro settanta pagine in un soffio.Non chiudo occhio nonostante l’abbiocco feroce.
E in meno che non si dica: “We’re now landing in Capodichino…”
Fuori dall’aeroporto c’è Napoli. Ed è la prima volta che la vedo.
Aria di mare e gas di scarico. Sui motorini quasi tutti hanno il casco. In strada si vende, mura sgarrupate fanno a pugni con le antenne paraboliche. Un manifesto enorme mi sbatte in faccia la realtà: Napule: comm’è bell…
E mi sento solo un nordico piccolo piccolo (metafora innocente, nonostante il quintale che mi porto appresso…) che ancora non ha visto nenti di questo Bel Paese. Anche se si affanna a scriverene in lungo e in largo.
Al molo del Beverello ci arriviamo in orario. Anzi, in anticipo. E il traghetto è già là ad aspettarci.
Nemmeno in Svizzera i trasporti funzionano così. A Milano avrei già accumulato un ritardo di un’ora.
Tanto per dire i luoghi comuni…
Un’oretta di mare, e poi: BUM!
Capri.
Come ve lo spiego? Sul molo lungo e stretto di Marina Grande si parlano tutte le lingue del mondo.
I giapponesi sorridono e i marinai ci conversano in napoletano.
Una bimba scura scura sembra un panzarotto con gli occhi azzurri.
Qua ogni donna è femmina e ogni uomo è uomo.
Tutti sorridono e aiutano.
Gli autisti del pullman si fermano se chiedi.
Tutti pagano il biglietto.
Si può parlare al conducente. Anzi, il conducente non smette di raccontarti quant’è bella casa sua.
L’albergo ad Anacapri leva il fiato. Costanzo, il gestore, mi mette una mano sulla spalla e strizza l’ochio quando mi vede a bocca aperta: “Prima volta a Capri, dottò?”
Annuisco goffo e lento.
Costanzo è a suo agio: “Vede là? Quello è il Golfo di Napoli. E quando è mal tempo e il vento spazza la foschia vede fino a Salerno…”
La mia bocca rimane spalancata. Non ne vuole sapere di chiudersi.
Una pizza è d’obbligo, visto che è quasi ora di pranzo.
Non vi dico nulla. Mangio pizza da quando riesco a pronunciare la “z”.
Ma dopo il primo morso realizzo di non averne mai mangiata una così.
Fate voi…
Si ritorna su e sveniamo nel lettuccio preparato a regola d’arte: welcome, pennichella..
Alle sette sono presentabile (a parte il funereo pallore che mesi e mesi chiuso nel mio studiolo a battere sulla tastiera mi ha donato…) e il signor Agostino Ingenito, presidente della Pro Loco di Capri, dà il via alle danze.
Non voglio tediarvi con i dettagli della presentazione. Basti sapere che va alla grande e una signora in lino grigio si asciuga gli occhi quando parlo delle vittime di Piazza Fontana.
È una cosa istituzionale, per cui ci sono pure l’assessore e la targa di Socio Onorario della Pro Loco di Capri.
Quando chiedo ad Agostino come mai niente Fede, con infinita eleganza alza le spalle.
“Il dottore è sull’isola. Ma ha preferito non introdurla personalmente…”
Che Emilio si sia accorto che mangio i bambini?
Ad ogni modo va tutto a tarallucci e vino, perché Mary e io veniamo rapiti da una coppia strepitosa che ci invita per cena a casa loro insieme ad Agostino.
Credo onestamente che la cena sia il punto più alto della due giorni partenopea.
I padroni di casa sono napoletani facoltosi (ma forse facoltosi è riduttivo…), coltissimi e decisamente non di destra.
Parliamo di politica, di libri e del Paese Reale, e me ne vado da casa loro con una lezione che non mi scorderò tanto in fretta: “Napoli non è solo camorra è munnezza. Non c’è solo la Napoli di Saviano, ricordatelo. C’è ancora speranza per questa città…”
Siamo sulla porta a incrociar baci e abbracci, quando il telefono di Agostino squilla.
La cosa va per le lunghe. Lo vedo annuire. Si salutano con un "Ciao, caro."
Mi dice che era Cecchi Paone. Si scusava tantissimo di non essere intervenuto alla presentazione. Dice che mi vorrebbe a Positano.
Io allargo le fauci e sorrido: “Ok, nessun problema.”
Agostino mi dice: “Attento Simò… Che lo sai che Alessandro tiene un viziaccio…”
E io di colpo torno al mondo vero. Realizzo qual è il viziaccio di Cecchi Paone.
Mi ricordo che l’ha tirato fuori davanti a un sacco di gente l’anno delle elezioni.
Che ultimamente, come lui, ce n’è un sacco in giro. Fanno pure le manifestazioni in piazza.
E io non è che mi trovi tanto a mio agio con loro…
A dirla tutta mi fanno paura.
Alessandro Cecchi Paone è uno di quelli. Alessandro Cecchi Paone è di Forza Italia.
Farò meglio a guardarmi le spalle a Positano.
8 commenti:
L'ha tirato fuori? Aiuto! La facoltosa borghesia napoletana ha questo strano vizio di essere di sinistra fin dal 1799. Vabbe', a parte qualche presidente della Repubblica... Simone, dillo in giro che a Napoli si può venire pure senza il giubbotto antiproiettile!
Napule è...
Camorra: o meglio "Sistema", quella che ti rende uno stipendio se ti metti a spacciare la droga a dieci anni, invece di stare tra i banchi di scuola.
Munnezza: persino Guido Bertolaso, commissario straordinario della Protezione Civile per l'emergenza rifiuti, ha dovuto gettare la spugna: troppi gli interessi legati al "bisenis".
Crocevia: di tutte le mafie, le camorre, le 'ndranghete, le stidde, le sacre corone unite del mondo, le triadi cinesi
Napule non è quella di Roberto Saviano, che per quello che ha avuto il coraggio di scrivere, vive nascosto e sotto scorta? Non è quella dove una ragazzina di sedici anni viene usata come scudo umano (da un delinquente che non vuole essere ammazzato) e muore per nulla?
No. Certo che non lo è.
Soprattutto per chi vive nell'isola che fu cara a Tiberio e nulla può sapere di cosa siano le Vele, di cosa sia Scampia, di cosa sia una guerra fra clan rivali che si ammazzano tra loro per strada, in spregio alla gente innocente che coinvolgono?
No. Certo che Napule non è quella dei Saviano...
Mario Uccella
Signori,
i due commenti si rispondono a vicenda.
E io credo che il nordico, qui, debba puntualizare qualcosa.
Io a Napoli ci sono venuto da polentone pieno di pregiudizi e paure. E quasi quasi me lo sarei messo il giubbino antiproiettile, vi dico la verità.
Ci sono stato poco a Napoli, è vero. E ho visto solo l'isola dei fighetti.
Ma quello che mi sono portato a casa è una sensazione di calore.
Quando ci tornerò sarà diverso. Napoli la guarderò un po' meno da polentone e un po' più da italiano.
E questo anche grazie alle parole di quella signora facoltosa (moglie di quel signore facoltosissimo) che di mestiere insegna italiano alle medie a Ponticelli.
Napoli non è solo Scampia, Secondigliano e Ponticelli. Non è solo Sistema.
E' anche questo. Ed è per questo che il libro di Saviano fa così male.
Ma non è solo questo. Non posso e non voglio crederci.
O vuol dire che il Sistema s'è ingoiato pure la speranza.
Vogliamo usare una metafora fumettistica, cosa che ci è molto cara?
Napoli è Gotham city.
Gli amministratori locali sono impotenti, laddove non addirittura collusi con il malaffare (do you remember i Cirino Pomicino, i Gava, i Vito?).
Napoli è Gotham City.
Ci vuole Batman.
Ci vuole uno Stato forte, che metta più paura del Sistema, del malaffare, degli "stipendi" garantiti dallo spaccio di droga, della disoccupazione, ed offra speranze di riscatto.
Ci vuole Batman.
Ci vuole l'Esercito in strada.
E questo solo per cominciare.
Mario Uccella
Batman mi è sempre piaciuto, Mario, perchè è senza superpoteri.
Credo che a Napoli ce ne sia un sacco di gente straordinaria (senza poteri speciali) pronta a lottare per riprendersi la città.
Certo, con uno Stato meno colluso...
Appunto dico.
Ci vuole Batman.
Niente superpoteri, ma maggiori poteri dello Stato, a partire dall'Esercito con compiti di polizia giudiziaria.
La gente onesta di Napoli (e ce n'è, Simone, ce n'è...) si sentirebbe più protetta e troverebbe il coraggio di ribellarsi e non solo d'indignarsi ogniqualvolta accade l'irreparabile (morti innocenti ammazzati perché passavano per caso durante una sparatoria tra clan rivali, morti perché non avevano voluto mollare il motorino o la pensione o la macchina a chi gliela voleva portare via)
piesse: io sono più legato al "duo delle meraviglie", ossia GL & FV, ovverosia quel vecchio anarcoide iroso e irascibile di Oliver Queen (Green Arrow/Freccia Verde) e Hal Jordan, il poliziotto delle stelle (Green Lantern/Lanterna Verde) che non riesco ad immaginare se non con le sembianze regalategli da Neal Adams. Oliver sarebbe d'accordo con me. Hal cercherebbe di farmi cambiare idea...
Mario Uccella
Beh, all'interno di Napoli bisogna anche distinguere tra quartieri come il Vomero, Posillipo o Chiaia, e quelli sotto il controllo della camorra come Scampia (basti pensare che il confine tra Scampia e Secondigliano ha assunto il nome di "Rione Terzo Mondo" proprio perchè gli stessi napoletani lo chiamavano così).
C'è un divario enorme tra la Napoli dei quartieri alti e quella dei quartieri bassi, che non è solo di reddito, è anche culturale, praticamente antropologico. A proposito di Saviano, se lo trovate, leggete il suo articolo sui funerali della ragazzina uccisa (che di anni ne aveva 14, non 16) e di come gli stessi camorristi hanno partecipato ai funerali, mentre NON i borghesi (i pochi giornalisti si tenevano ben a distanza, disgustati), ed i parenti della ragazza hanno usato quel contesto per mandare messaggi in codice ai camorristi...
Anche fisicamente la struttura di quei quartieri sembra fatta apposta per costituire una roccaforte del malaffare.
Viceversa, nei quartieri alti il pensiero della Camorra solo di rado ti sfiora (quando ti capita di essere derubato)... ci sono persone, sia nella parte povera che nella parte ricca, che non escono mai dai loro quartieri.
E c'è anche da dire che tra Posillipo, Chiaia (il non plus ultra della ricchezza: a Posillipo ci sono gli immobili più costosi d'EUROPA; alla Chiaia in tanti anni non c'ero mai stato...quando l'ho vista non credevo ai miei occhi... strade larghe come quelle di Roma, fontane, palazzi grandiosi, lungomare che non finisce mai), il Vomero, Arenella, Fuorigrotta, vive più della metà dei napoletani.
Il Vomero, il quartiere più popolato della città, non è distinguibile dai quartieri borghesi di Roma o di Milano.
@Anonimo: due facce della stessa sporca meravigliosa medaglia, ne sono conscio. E poi l'avevo premesso, parlo da polentone insipiente in visita per la prima volta.
Al di là delle polemiche, sarà perchè ho visto solo metà della città, sarà perchè ho incontrato gente meravigliosa, il ricordo di napoli che mi sono portato a casa è splendido.
Magari se mi fossi fatto un giro a Ponticelli, non sarebbe così roseo, ma tant'è...
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