venerdì 30 maggio 2008
IL DIVO: somethnig you must see...
Andate a vedere questo film.
L'ho già visto tre volte e lo rivedrei ancora.
E' un film necessario.
Prima o dopo la visione, leggete qui.
Poi ne parliamo per bene.
lunedì 26 maggio 2008
Le luci di Chaoyang, un racconto di Antonio Talia per UWS
Da oggi online sul sito di UWS la prima puntata di LE LUCI DI CHAOYANG, lo spin-off di Antonio Talia (giornalista economico di stanza a Pechino, lavora per AgiChina24).
Se volete sapere come si è giunti al conflitto termonucleare del millenio, non avete che da cliccare qui.
Enjoy...
domenica 25 maggio 2008
Prison Break: l’Old (school) American Epic
Questo pezzo ce l’ho in testa da mesi, e a dirla tutta avrei dovuto scriverlo settimane fa.
Un minuto dopo l’ultimo fotogramma.
Un minuto dopo la fine dell’ultima puntata di Prison Break: il top del serial d’azione in 57 episodi.
Ma in mezzo si son messi il libro nuovo, gli articoli per le riviste, le letture arretrate.
E così è passato più di un mese.
Ora, vediamo se riesco a raccapezzarmi.
L’assunto di fondo è semplice: attualmente, in America, la Teoria della Cospirazione è bifronte.
Due sole produzioni sono riuscite a catalizzare, assorbire e stravolgere il protocollo della paranoia che ha invaso il paese dopo l’11 settembre.
La percezione del real country è ben più che allucinatoria: ha assunto – da sette anni a questa parte – le caratteristiche della sindrome da stress post traumatico.
Shock vigile.
24 e Prison Break sono la cronaca in diretta di quello shock.
Senza volermi addentrare troppo nel confronto delle trame (di 24 parlerò un’altra volta, in questo pezzo m’interessa la grammatica di Prison Break), un dato mi pare degno d’essere registrato.
Dato unificante, che si fa latore di una insperata profondità di campo sul reale: il Presidente degli Stati Uniti d’America, in nessuna delle due serie, assomiglia a quello in carica.
In 24 è il focoso David Palmer: uomo di colore, tutto d’un pezzo, emblema indistruttibile del nuovo sogno americano (l’intramontabile, quello sempre di moda)
In Prison Break è l’algida Caroline Reynolds: bionda, wasp e mica tanto affidabile.
Un nero e una bionda: Barack e Hillary.
Troppo facile.
Consentito dar di gomito (‘sti americani: guardano il tg e poi scrivono le serie di fantapolitica…), peccato che gli sceneggiatori di 24 si siano inventati Palmer nel 2001, quelli di Prison Break abbiano creato Caroline nel 2004.
Prima di ogni legittimo sospetto sulle candidature democratiche.
E qui la prima caratteristica del nuovo modo di narrare: la visione del futuro.
WM1, nel saggio sul New Italian Epic di cui si discute parecchio in questi giorni, ha segnalato come caratteristica distintiva di una certa produzione letteraria di casa nostra degli ultimi quindici anni un ritorno coraggioso e serio al “massimalismo”. Niente più storie d’ombelichi come si usava nei Novanta, ma grandi temi.
Temi importanti, fondanti: la Storia (quella con la S maiuscola, che è ontologicamente fondante) sopra tutti gli altri.
Credo che serie come 24 e Prison Break abbiano (più o meno consciamente) insegnato parecchio ai Nuovi Epici Italiani.
Prison Break parte dal minuto per abbracciare l’universale, utilizza un microdramma per spalancare i confini del complotto.
Si occupa dell’attuale. Lo prefigura, lo iconizza, lo stravolge.
Si occupa del futuro.
Non dimenticando, nemmeno per un attimo, di mantenere l’attenzione focalizzata sulle storie.
Io, che New Italian Epic mi ci sento parecchio, ho sempre avuto una certa difficoltà a occuparmi di Storia senza farmi sfuggire di mano i personaggi. E volente o nolente, credo che questo sia un problema di molti appartenenti alla categoria.
Mi spiego meglio: troppo preoccupato di raccontare i Fatti (sempre quelli con la F maiuscola) per filo e per segno, mi è sembrato naturale bidimensionalizzare i personaggi.
Il mio è stato un peccato d’imperizia (al quale sto cercando di ovviare in Settanta), ma a ragionarci bene mi pare che qualcosa del genere sia successo a tutti i rappresentanti del NIE citati da Bui nel saggio.
Almeno una volta, dico.
Pensate all’imprenditore Ilio Donatoni di De Cataldo in Nelle mani giuste, a Tito in 54 o al Kissinger di Nel nome di Ishmael di Genna. Psicologie sacrificate al grande intreccio, aderenze al reale che depotenziano il personaggio. Character che perdono qualcosa tentando disperatamente di essere troppo reali.
Agli americani questo succede meno.
Ai protagonisti di Prison Break non succede per niente.
La cifra del reale, la cifra di denunzia, quella più strettamente “controinformativa” è presente.
Ma la psicologia è salva. Gli eroi della serie sono tridimensionali: mutano, evolvono, e, nel caso paradigmatico dei cattivi, finiscono comunque per andarti a genio. Nonostante tutto.
Lo dico da sempre, al mio Sterling è difficile affezionarsi. Difficile sviluppare empatia nei suoi confronti.
A T-Bag, lo spietato pedofilo serial killer del serial di Scheuring, invece, ci si affeziona.
Qualche volta si finisce persino per tifare per lui.
Lo stesso succede con Bellick, la guardia carceraria che, per troppa smania di inchiodare i fratelli fuggiaschi, finisce per passare il limite e si ritrova prigioniero a sua volta.
Bellick è, in buona sostanza, un pezzo di merda. Ma anche alla sua storia ci si attacca. Magari non subito. Magari ti ci vanno due serie e mezza, ma alla fine, ancora una volta, fai il tifo per lui.
Dice: come ci riescono?
Prima di tutto è una questione di tempi.
Ogni stagione di Prison Break (PB d’ora in avanti) dura ventidue puntate.
Ogni puntata è di 42 minuti (secondo più, secondo meno).
Una tale dilazione temporale tramuta il cinema in letteratura.
È la rinascita del feuilleton: dura tridimensionalizzare un personaggio in due ore. Per farlo, nel cinema, occorrono il salto temporale, (flashback o flash forward) o l’elemento drammatico, il colpo di scena, il cambio radicale delle carte in tavola.
Nella serie, i cambiamenti possono essere graduali. Si possono usare le stesse tecniche del cinema (Lost, ad esempio, vive di flashback e flash forward) ma con meno ansia da prestazione.
Il tempo dilata la percezione. In PB lo spazio narrativo allarga le prospettive, trasforma gli amici in nemici, i buoni in cattivi, i nemici in alleati.
La vocazione al cambio di fronte, tipicamente ellroyana, è uno degli altri elementi costituenti del serial.
Eccezion fatta per il protagonista tatuato e per suo fratello (ma per suo fratello occorrerebbe fare un discorso a parte), tutti i personaggi cambiano bandiera. Chi, più svelto, nel giro d’una serie (Il direttore del Fox River, la dottoressa Tancredi), chi nel corso delle tre stagioni (Sucre, il romantico compagnone, diventa più cinico e finisce per mettere gli amici in secondo piano; Alexander Mahone è il classico “cattivo giustificato, lo sbirro che si danna per fare il bene e finisce per mandare tutto a rotoli; persino il boss John Abruzzi dimostra un attaccamento à la Soprano per i suoi figli, e l’elenco potrebbe continuare).
Ancora una volta, si dimostra come il cuore dell’epica rimangano i personaggi, e il turning point è il mutamento del character, la sua rivoluzione interiore, l’eterna domanda che stravolge ed eleva: che cosa sei disposto a fare per andare fino in fondo?
PB, però, spinge il limite ancora più in là. Il dualismo, l’ambivalenza di buio e luce diventano cifra estetica.
Tutti si saranno chiesti come fosse possibile che una serie fondata sulla fuga potesse sopravvivere una volta che i protagonisti riescono a mettere (finalmente) il culo oltre le sbarre.
È proprio qui che gli sceneggiatori hanno dato il meglio.
La prima stagione è fredda. Il Fox River è l’antro della strega, la prigione di Dantes, l’archetipo buio e umido della prigione. Nella season two, il mondo esterno esplode in faccia ai nostri eroi. E l’azione si sposta per le strade, al caldo. Sole ovunque, deserti sconfinati, la fuga si muta nella cifra beat del viaggio.
Coast to coast e oltre. Fino a Panama.
E quando oramai tutti, ma proprio tutti, si sono abituati a vedere i Fox River Eight (che nel frattempo sono sempre meno di eight) in libertà, ecco che Michael, il protagonista, finisce un’altra volta dentro.
Ribaltamenti continui, buio e luce in alternanza ponderata, mai frenetica.
Esasperante.
La sorpresa estrema raggiunge lo spettatore all’abbrivio della terza serie. Per tutta la seconda stagione, la prigione è stata solo un ricordo. Quasi si è perso il core stesso del serial.
Ed ecco che torna in gioco il carcere.
Un carcere talmente estremo da mettere in discussione le più ataviche paure del telespettatore.
Seguitemi bene, perché qui sta il fulcro. L’essenza stessa dell’epica americana old school.
Personalmente, sto con Aristotele, che, nella Poetica, dice semplicemente che Omero non scriveva ditirambi, istituendo una continuità tra epica e potenza tragica. L’epica, in effetti, mi pare un assommarsi di tragedie incollate tra loro secondo un magistrale protocollo narrativo.
L’escalation della tragedia in PB è già massima nella prima stagione: che c’è di peggio di essere rinchiusi (magari innocenti) in gabbia con cristoni grandi, grossi e incazzati, che non vedono l’ora di trasformarti nella loro fidanzatina al primo giro di doccia?
Nulla, avrei risposto. Finché non ho visto la prigione di Sona, vero nucleo narrativo della season three.
Il modo in cui Sona viene presentata allo spettatore è agghiacciante.
Totale assenza di guardie, il posto è troppo tosto. I secondini stanno fuori, coi fucili spianati.
Dentro, la legge la fanno i detenuti.
Il corridoio d’ingresso, incrostato di liquami, rottami umani (Bellick rantola nudo sul pavimento), facce truci e lame.
In cortile, sotto la pioggia, due uomini combattono per la vita.
Uno vince, il cadavere dell’altro rimane sotto al sole per giorni.
Né cibo, né acqua, né igiene sono minimamente garantiti.
Welcome to Sona.
Ho reso l’idea? Al confronto, il Fox River diventa il Plaza.
Dopo lo shock iniziale, tutto riprende secondo canoni narrativi consolidati (qualcuno arriva, qualcuno se ne va, Michael deve scappare; in sottofondo il complotto, la solita vecchia teoria della cospirazione). Ma intanto lo shock c’è stato. D tragedia in tragedia.
Così si fa l’epica.
Massimo rispetto agli sceneggiatori americani. Allo stuolo di artisti sottopagati (e per questo giustamente incazzati e scioperanti da un bel pezzo) che dà il meglio in ogni puntata, in ogni singola stagione.
Il vecchio adagio dei nostri professori incartapecoriti è sempre meno valido di fronte a produzioni come PRISON BREAK: una volta ogni tanto, prima di spegnere la tv e rannicchiarti su un libraccio, dai un’occhiata al palinsesto.
Potresti imparare qualcosa.
giovedì 22 maggio 2008
martedì 20 maggio 2008
domenica 18 maggio 2008
Matrimoni live in Novara: la (consueta) microcronaca
La presentazione è andata in scena alle sei e mezzo, ma è d'uopo partire dal primo mattino di sabato per illustrare nei dettagli come si sono svolti i fatti.
La sveglia in casa Sarasso è suonata prestino per essere appena iniziato il week end. La mia signora, oberata dal lavoro nonostante la festività, è corsa a svolgerlo con diligenza e l'ausilio del dizionario Italiano-Latino in salotto, mentre il vostro scrttore over 100 preferito, armato di spazzolone e aspirapolvere, si è impegnato al massimo per rendere la casa uno specchio.
Non che di mio sia incline ai lavori domestici (per carità...), ma l'editore Quatraro e sua moglie Susanna arrivavano alle 13.00: nettare il nettabile era necessario.
Tardive pulizie pasquali a tempo di record e un paio di ravioli burro e salvia spadellati alla veloce per rinfrancarmi.
Nemmeno si finisce il pranzo che Fernando chiama: "We are here!"
Grandi baci e grandi abbracci (non ci si vedeva da un pezzo) e ricognizione alla Libreria (si chiama, didascalicamente, così) in centro città per lasciare un po' di copie di Matrimoni e ritirare i resi.
Gelato in centro (io no, il gelato è troppo freddo) e per le 16.30 si è in formazione al Caffè Letterario.
Arriva anche Lorenza Ghinelli col suo simpaticissimo fidanzato Massimo e si chiacchiera allegramente davanti a un caffè (che altro vuoi ordinare al Letterario?).
Le proprietarie del locale, tra una chiacchiera e l'altra, allestiscono il buffet.
E' quasi ora.
Inizia ad arrivare gente e, come da tradizione effequ, ogni nuovo entrato viene omaggiato di un bicchiere ricolmo di ottimo bianco.
Si sbevazza ben oltre il quarto d'ora accademico e alla fine si va in scena.
Fernando è un oratore insuperabile, specie quando parla di quella Napoli che l'ha visto crescere e che fa da sfondo al suo racconto contenuto nell'antologia.
Lorenza è stre-pi-to-sa!
Da ammazzarsi dalle risate mentre mette in scena il suo Flick & Flack.
Alla fine tocca a me: due parole su Compari d'anello, il racconto ponte tra Confine di Stato e Settanta (prima o poi in copyleft... tenete duro. Oppure, se proprio non ce la fate, compratevi una copia di Matrimoni), e un paio d'altre sul New Italian Epic (di questi tempi se parla parecchio e ne sono lieto); qualche lettura e il gioco è fatto.
Seguono abbondante aperitivo, firme di rito sulle copie, baci e abbracci coi convenuti (alcuni dei quali non vedevo da tempo. Grande emozione...)
A cena rimaniamo in sette: io e la mia signora, Lorenza e Massimo, Fernando, Susanna e Ste (Pig Productions). Paella per tutti e spaghetti allo scoglio alla collaudatissima Pizzera S. Rita. A nanna verso mezzanotte, felici, contenti e un poco zuppi (il diluvio non ha mollato per tutto il week end).
Ultima noticina: al risveglio, stamane, sul cellulare dimenticato acceso c'era un messaggino: "E' nato Daniele, 3 chili e tre."
Daniele, figlio di cari amici, lo si aspettava da un sacco di tempo. Siamo andati a trovarlo a Milano, e a vederlo con quella tutina azzurra e quel musino rosa, a momenti, ci scappa la lacrimuccia.
Meno male che il suo papà, juventino tagliente d'altri tempi ha commentato così il suo pianto lancinante: "Piange, sì. C'è mica tanto da stare allegri: scudetto nerazzurro e cinque anni di Berlusca come minimo. C'eran decisamente giorni migliori per venire al mondo..."
Alla fine, però, a prenderlo in braccio, il neo babbo gli occhi lucidi ce li aveva davvero.
venerdì 16 maggio 2008
Matrimoni novaresi, presentazione al Caffè Letterario
A Novara, al momento in cui scrivo, sta piovendo. Spero che per domani, sabato 17 maggio, il tempo si rimetta un po', perchè al pomeriggio, al Caffè Letterario di Via Alcarotti 3/a andrà in scena la prima presentazione di Matrimoni, la nuova raccolta a tema di casa Effequ, alla quale il vostro scrittore over 100 preferito ha partecipato col racconto Compari d'anello.
Il programma è quello classico degli show di Effequ: si inizia alle 18.00, si beve qualcosa, si ascoltano gli autori sproloquiare, si ribeve qualcosa.
Oltre al sottoscritto, sul palco del Caffè, anche Lorenza Ghinelli e Fernando Quatraro, quest'ultimo presente in duplice veste di autore ed editore.
Se siete nei paraggi e vi va di scroccare un aperitivo, noi ve lo si offre volentieri.
Vi attendiamo numerosi.
lunedì 12 maggio 2008
Un racconto di Annarita Briganti per UWS
Racconto pungente e femminile, è frutto della sapiente penna di Annarita Briganti, storica firma del Mucchio, presenza assidua e conosciuta sul blog di Grazia, economista e narratrice di razza.
A chi non la conoscesse, regaliamo le due righe di bio che Annarita ci ha inviato per presentarsi ai lettori:
Annarita Briganti è nata a Napoli ma ha deciso di non dire più quando. Economista e giornalista, punta a scrivere romanzi che diventino best seller internazionali. Nel tempo libero legge e scrive. Se non fosse per quel poco di vita normale (fare la spesa, andare in palestra ecc.) nessuno riuscirebbe a tirarla fuori dai mondi paralleli della letteratura.
Il suo racconto lo trovate qui.
domenica 11 maggio 2008
Torino: Salone del Libro mon amour...
Giornata splendida e massacrante quella di ieri al Salone di Torino. Degna di cronaca.
Partenza all'alba da casa Sarasso per evitare il casino della manifestazione (tra parentesi: l'allarmismo era puro terrorismo psicologico. Tutto si è svolto pacificamente). Prima delle nove il dinamico trio Sarasso-Rudoni-Ottolenghi è già in macchina alla volta dell'ex capitale dell'italico regno.
Chiacchiere da ammazzarsi dal ridere lungo il tragitto, lavori sulla A4 e poco traffico in città. Il Lingotto sonnecchia ancora alle 10.30, noi si parcheggia e ci si mette in coda per entrare.
Posiamo le nostre cose allo stand di Lulu.com dove Eleonora e Cristina ci attendono carine come sempre. E via con la prima session di disegno!
Daniele butta fuori un paio di Sterling dall'aria incazzosa, Luca (Ottolenghi, giornalista di Rolling Stones) vaga tra gli stand e recupera un paio di copie di Milano Nera Web Press, il sottoscritto parte con due bicchieri di un rosso fuori dal comune (parte della scorta di Lulu.com, che alle 16.30 scodellerà una preziosa merendina) e abbozza un paio di righe del romanzo "istantaneo" che le ragazze del printer on demand hanno messo in pista per la Fiera, a disposizione di chiunque gradisse contribuire.
Ora di pranzo, e inizia la diaspora.
Hot Dog al baracchino a rotelle (la Fiera ne è piena: il prezzo è contenuto e la qualità ottima), Coca Cola e giro tra gli stand.
Daniele ha una gran voglia di dare un'occhiata ai comics, Luca un paio di colleghi da contattare, io decido di fare un volo radente chez Marsilio. Saluto le ragazze dell'ufficio stampa e vengo immediatamente rapito da una simpaticissima fotografa che trascina in cortile e mi stende con una mitragliata di scatti. Giliola, si chiama (scritto proprio così, non è un refuso...): mi fa la solenne promessa d'inviarmi le foto al più presto.
Ritorno allo stand in stato confusionale post session fotografica e noto del fermento. Francesco Carofiglio è appena arrivato e sta già firmando copie del suo L'ESTATE DEL CANE NERO. Provo molta invidia per la fascetta rossa che avvolge i cartonatissimi volumi: SECONDA EDIZIONE, c'è scritto. A caratteri cubitali.
Stringo la mano, agguanto una copia autografata, saluto l'amico Fabio Ferlin (il correttore di bozze 100% hard core che a suo tempo si occupò del mio CDS) e sono di nuovo in mezzo alla bolgia.
Favolosa sensazione da notte degli Oscar. Basta guardarsi in giro e s'incontra qualche VIP.
Lo so, lo so che sono un professionista. Lo so che non dovrei sbavare ogni volta che vedo qualche "famoso", ma io mica l'ho ancora introiettata 'sta cosa che si è tutti "colleghi" da quando scrvo per una major. E dunque, gran bocche aperte e mille foto ricordo.
Passo da e/o e penso: è la casa editrice di Carlotto. Giro l'angolo ed eccolo lì. Impeccabile nel suo completo nero anche se ci son quaranta gradi all'ombra (io, di contro, sembro un turista albanese senza permesso di soggiorno).
Occhio di ghiaccio che mette soggezione. Stringo la mano e schizzo via.
Due passi e mi ferma l'amico Villani. Abbraci, baci e discorsi sui "vecchi tempi" (cioè due mesi fa, l'epoca dell'intervista doppia a RADIO RAI). Mentre parliamo, passa Gherardo Colombo.
Ciurbis!, per dirla con le parole di mia nonna. Guardo Colombo e mi viene in mente un suo omonimo che anni fa scriveva thriller ultrapsichici sotto pseudonimo. Marc Saudade si faceva chiamare. Quei thriller, adesso, non li trovi nemmeno in biblioteca (sull'argomento ritorneremo, promesso...)
Via Villani, dentro Cristicchi, Finardi e Giordano. Più che altro li vedo passare.
Poi arriva anche Loredana Lipperini e penso che è molto più alta di come me l'ero immaginata.
Latito dallo stand di lulu da ore, mi daranno per disperso. Ma dovrei passare ancora in RAI da Crovi e a trovare l'amico Roversi allo stand di Kowalski.
In teoria sarei venuto qui per lavorare, ma la tentazione del cazzeggio è troppo forte.
Incontro l'amico Marchetti di IBS e parliamo di Pezzali e Giordano Bruno Guerri. Pezzali pare vada fortissimo tra i tredicenni e Guerri è un signore d'altri tempi, così mi dice. Chiedo se per caso è venuto in calzini (di solito usa così), ma Francesco mi assicura che indossa delle calzature di gran classe.
Rassicurato, passo oltre.
E' tardi, mannaggia come è tardi. Sono quasi le cinque e mezza e mi sono perso la merenda a base di vino e salame chez lulu.com
Mi fermo da PEQUOD e mi compro una copia di FORGET DOMANI. Sono felice come un bambino perchè mi fanno lo sconto di un euro e trenta.
All'alba delle sei e mezzo ritrovo tutti i sodali e il Paolino Roversi ci cattura.
Alle sette e mezza, a sorpresa, si presenta Milano Nera Web Press al Caffè Pedrocchi.
Ma no, Paolo, è tardi... Dobbiamo tornare... Va bè, va, nell'attesa beviamoci una birra.
Le birre diventano tre e alle sette e mezza eccoci seduti in platea a sentire Pinketts e Roversi disquisire di alta letteratura giallo-nera e di giornali gratuiti.
Ore venti e trenta qualcuno c'informa che Via Nizza è percorribile, che la polizia ha sgombrato e che si può tornare alla maison.
Per le dieci e mezzo, distrutti e contenti, ognuno è a casa sua.
giovedì 8 maggio 2008
Il Sarassone su BMM, Matrimoni su La Stampa e la coda lunga del NIE
Il primo è un'intervista a cui tengo molto. Vuoi per la stima che nutro nei confronti dell'intervistatore (Marco Montanaro), che ha saputo andare a fondo in questioni nodali inerenti la mia poetica, vuoi perchè è hostata su Black Mail Mag. E riguardo a BMM, come diceva Donnie, che te lo dico a fare? La trovate qui.
Nell'intervista si parla anche di New Italian Epic, il saggio di Roberto Bui (Wu Ming 1) che ha finalmente fatto il punto sulla narrativa di genere degli ultimi dieci anni.
Il saggio ha scatenato in rete plurime reazioni, e la discussione sul NIE è proseguita in diversi siti.
Due strascichi del dibattito mi paiono piuttosto interessanti.
Il primo è ospitato dal sito del SIC (Scrittura Industriale Collettiva) e lo trovate qui. Interviene lo stesso WM1.
Il secondo (un po' più vivace e decisamente più faceto) ha preso vita sulle pagine di anobii e ospita la voce di alcuni cari compagni di avventura e di gigioneggio (Jadel e Guglielmo di KAI ZEN, Nino d'Attis, ecc.). E' qui.
Dalla rete alla carta stampata: mercoledì 7 maggio, sull'edizione vercellese de La Stampa è uscito un lusghiero trafiletto su COMPARI D'ANELLO, il racconto (ponte ideale tra CONFINE DI STATO e SETTANTA) recentemente uscito per Effequ nella raccolta MATRIMONI.
Lo trovate qui.
In chiusura, ricordiamo ai fan di UWS che il dinamico suo Sarasso-Rudoni sarà ancora una volta ospite di lulu.com a una fiera del fumetto.
L'evento in questione è Torino Comics, l'annuale kermesse delle nuvole parlanti concomitante al Salone del Libro. Saremo al Lingotto Sabato 10 maggio, dal mattino, al Padiglione 1, Stand C105. Passate a trovarci, confezioneremo per voi disegni esclusivi (li confezionerà Daniele, il sottoscritto al massimo ci aggiungerà una simpatica frasetta..;-)).
martedì 6 maggio 2008
lunedì 5 maggio 2008
venerdì 2 maggio 2008
Un articolo con una storia, UWS su MilanoNera e il Trailer Film Fest di Catania
L'articolo qui a sinistra parla della presentazione/chiacchierata/doppia jam session mia e di Paolo Roversi a Borgolavezzaro di qualche settimana fa. Credo che sia del Corriere di Novara ma non ne sono del tutto certo.
Non perchè l'ufficio stampa Marsilio sia improvvisamente impazzito e abbia cominciato ad inviare agli autori ritagli privi di qualsiasi riferimento ma perchè, come ammicca il titolo, dietro questo ritaglio di giornale c'è una storia.
Qualche giorno fa ero a scuola (per la precisione ero in cortile coi bimbi) quando una delle colleghe mi ha reso noto che una delle mie allieve seienni si era presentata la mattina con il famigerato pezzo di carta, strillando ai genitori dei suoi compagni a squarciagola: "IL MAESTRO SUL GIORNALE! IL MAESTRO SUL GIORNALE!".
Interessato dall'inaspettata ondata promozionale, ho domandato a G. (la chiameremo semplicemente G., la mia giovane allieva ci tiene all'anonimato) se fosse così gentile da mostrarmi l'articolo.
G. ha prontamente risposto: "Subito, maestro!" e mi ha portato il brano di carta stampata.
Orrribilmente mutilato.
Al ritaglio mancava una considerevole porzione (in basso a sinistra).
Ho chiesto a G. spiegazioni riguardo alla insolita amputazione e lei mi ha risposto candidamente: "Ne ho regalato un pezzo a S. (altra riservatissima allieva, molto amica di G.)... ci teneva tanto!"
A quel punto ero di fronte a un bivio: arrendermi di fronte all'imperscrutabilità dell'animo fanciullesco o seguire il mio istinto da mastino o fare di tutto per procurarmi l'ultima parte dell'inestimabile tesoro, di modo da leggere per intero l'ancestrale messaggio cosmico per cui gli infanti andavano pazzi.
Ha vinto il mio lato detective.
Ho convocato S. e, dopo aver barattato il brandello mancante con due caramelle all'arancia e una figurina delle Winx, sono venuto finalmente in possesso della mistica ricompensa.
Dopo aver rappezzato con dello scotch rosino, ho scannerizzato e postato, in preda a grande soddisfazione e a spirito di condivisione decisamente veterocomunista.
Eccovi dunque, cari lettori, il pezzo (pezzo nel senso di articolo, non di pezzo mancante... bah! Avete capito!).
Mi sembrava doveroso, dato l'entusiasmo di G. e S., rendervi partecipi del loro prezioso bottino.
Colgo l'occasione per ringraziare il cronista (la cronista?) e per scusarmi per l'eventuale imprecisone nella citazione della testata (si fa quel che si può...).
Di palo in frasca, ma sempre in tema di Roversi e articoli: qualche giorno fa si parlava di UWS su MilanoNera. Il permalink all'intervista è qui.
In chiusura, un ghiotto evento al quale mi piacerebbe un sacco partecipare ma che mi sa che perderò perchè in quei giorni, se google calendar non dice bugie, probabilmente sarò a Treviso (a fare che ve lo svelerò a tempo debito. Un po' di mistero non guasta...).
Dal 25 al 27 settembre, a Catania, andrà in scena il TRAILERS FILM FEST.
Una sezione speciale dell'evento sarà dedicata ai booktrailer e il video di CONFINE DI STATO è già in rassegna.
Tra i relatori, il mio mentore Jacopo De Michelis. Se siete in zona, non mancate.
Se abitate a distanze siderali, almeno date un'occhiata al sito.