DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

lunedì 28 gennaio 2008

United We Stand n°1 disponibile su lulu.com


Da una mezz'ora circa il primo numero di UNITED WE STAND è disponibile su lulu.com
Si intitola ARMAGEDDON e il titolo, ça va sans dire, è tutto un programma.
Lo trovate qui.
Potete comprarlo in cartaceo o acquistare il pdf (se proprio non ce la fate a resistere...;-)).
In giornata sarà attivata anche la sezione WWIII sul sito www.unitedwestand.it
Buona lettura,

S.

P.S. Quasi dimenticavo... Di UWS parla anche Reuters.

domenica 27 gennaio 2008

Nel giorno della Memoria: il (non) romanzo necessario di Genna


Non amo molto la retorica in scatola di montaggio, con le istruzioni e tutto il resto; oramai dovreste saperlo. Tuttavia è difficile non pensare, oggi, a quel 27 gennaio 1945. E' difficile non pensare alle divise sottili, al freddo che buca le ossa e mangia la carne. A quei cancelli, sradicati, quando tutto sembrava perduto.
Quarantatre anni fa, verso mezzogiorno, la LX Armata del Primo Fronte Ucraino, testa di ponte dell'Armata Rossa in Polonia, varcava la soglia del campo di concentramento di Auschwitz.
Il ricordo non è mai sufficiente.
Il ricordo non esaurisce quel che è stato.
Riflettere sull'Olocausto è nodale per la comprensione del nostro tempo.
E' una categoria da cui non si può prescindere.
Di recente sono usciti due libri necessari che parlano dello sterminio e ne parlano da una prospettiva inconsueta. Le benevole di Littel e Hitler del mio maestro Giuseppe Genna.
La debita disanima sui due volumi le farò non appena avrò terminato il libro di Giuseppe.
Al momento sono a p.100 o poco più. La sensazione, tuttavia, è fin troppo chiara. L'immane sforzo di Littel (quasi mille pagine) è poca cosa di fronte alla prosa di Genna. Hitler è il miglior libro di Genna. Un libro basilare, urgente. Un libro da leggere.

sabato 26 gennaio 2008

United We Stand: la quarta di copertina


Come promesso. Da queste parti siamo uomini d'onore.
Indovinate un po' chi è la ragazzina sulla sedia...
Ah, quasi mi scrodavo: qui Daniele spiega l'evoluzione grafica della cover e illustra un paio di scelte stilistiche.
Per veri comcis addicted...

venerdì 25 gennaio 2008

United We Stand: la prima copertina


Dopo mesi di fatiche, mancano poco più di settantadue ore all'uscita del primo numero di United We Stand. Lunedì mattina chi vorrà potrà acquistare la propria copia su lulu.com (non temete, posteremo anche da queste parti un link diretto al nostro store).
Per noi è motivo di grande soddisfazione potervi presentare la nostra creatura sotto la migliore delle forme possibili. UWS ha un'aspetto professionale, è come l'abbiamo sempre sognato e questo ci riempie di gioia.
Giudicate voi stessi dalla copertina (in anteprima assoluta)...

Domani o domenica la quarta...
Stay tuned!

lunedì 21 gennaio 2008

UWS: la prima pagina del Diario di Stella F.

Signore e signori, come ogni lunedì, anche oggi un contenuto in anteprima dal mondo UWS.
E' la prima pagina del Diario di Stella F., la ragazzina che diventerà presidente del consiglio.
La trovate, absolutely freeware, qui.
Vi ricordo che, se il lunedì avete altro da fare e magari finisce che vi scordate di andare a sbirciare l'homepage di www.unitedwestand.it, potete sempre iscirvervi alla newsletter (nel box a destra, nella home). Ad ogni nuova pubblicazione sarete tempestivamente avvisati!

domenica 20 gennaio 2008

Milano due volte: la libreria e la radio

Vi devo un racconto. Anzi due.

Quelli appena trascorsi sono stati giorni intensi di trasferte e begli incontri. Me la sono spassata e ho incontrato un sacco di amici. Ecco nei dettagli com’è andata.

Giovedì 17 gennaio, Serata Booktrailer alla Sherlockiana

Inizio serata previsto per le 21.00, un sacco di ospiti in cartellone, solita ansia da ritardo: per non saper né leggere né scrivere, il gruppo “dalla provincia con furore” preferisce la partenza intelligente.

Ore 18.50 siamo già in strada. Gruppo monco, formato soltanto dal sottoscritto e da Matteo Bellizzi (Daniele Rudoni non pervenuto: ancora in viaggio da Shangai), ma ricco di determinazione.

Determinazione già smorzata dieci chilometri prima della barriera: traffico allucinante, coda chilometrica.

Nonostante il navigatore riusciamo a perderci nei meandri di Corso Sempione, ma alla fine un parcheggino lo troviamo.

Due passi a piedi ed eccoci alla Libreria del Giallo.

Colpo d’occhio impressionante, folla inumana. Il numero 1 di via Peschiera non è mai stato così imballato di gente. In realtà non è del tutto vero, mi svelerà la Tecla a fine serata. In altre due occasione ci fu un’affluenza comparabile: per Guccini e per Camilleri. Come a dire che la serata è veramente delle grandi occasioni.

La ressa è importante, ma è quasi ora di cena, e nulla può fermare gli indomiti e affamati Sarasso e Bellizzi.

Sgomitando sgomitando riusciamo ad accaparrarci un piattino di zampone e lenticchie e una porzioncina di riso giallo.

A pancia piena (oddio, proprio piena…) si ragiona meglio e c’è tempo per le chiacchiere.

Accorsi per l’occasione ci sono un sacco di amici che non vedo da tempo: uno su tutti, un vecchio compagno di fatiche dei tempi dell’Eco della Stampa (ebbene sì, cari lettori, tempo addietro avevo un lavoro onesto e facevo il pendolare Vercelli-Milano sei giorni alla settimana. Abbandonai – ormai quasi cinque anni fa – il posto fisso nella più prestigiosa agenzia di stampa milanese per mettervi a scrivere. Ma, come dice il maestro Lucarelli, questa è un’altra storia…). Anche lui, come me, ha rinunciato da tempo al ruolo di lettore per passare dall’altra parte. Ora scrive per www.wuz.it. Baci, abbracci, ricordi e un sacco di cazzate sparate tra una Marlboro e un bicchiere di skipper all’arancia (la folla assetata aveva già prosciugato tutte le riserve alcoliche di madame Dozio).

Inizia la proiezione dei booktrailer ma la calca è tanta che non riesco a entrare. Fuori con me restano parecchi amici conosciuti su www.anobii.com e una troupe di Sky. Ne approfitto per un’intervista e per conoscere finalmente le facce che si celano dietro ai nick con cui interagisco da settimane sullo splendido sito libresco.

Arriva Gianni Fantoni, vera star della serata, e da autentico VIP sfoggia un look super-understatement: cappello da baseball, occhiali e barba lunga. Vien da pensare che impersonerà il “suo” Micheal Moore.

Ma il gran magma della libreria lo fagocita in fretta e se ne perdono le tracce quasi subito.

Non lo ritroverò più, con grande rammarico non riuscirò a chiedergli la tanto sospirata imitazione del pomodoro…

A un tratto sento la padrona di casa che sbraita “SARASSO! SARASSO!” dal microfono: è il nostro momento.

Insieme a Matteo ci facciamo largo sino al palco improvvisato, a due metri dal video proiettore e dal telo bianco. Due parole due e parte la musica del trailer di CONFINE DI STATO, accompagnata dalle immagini d’epoca e dalle esplosioni (che siamo dei tamarri l’avete capito, no? Chi non si fosse ancora fatto un’idea di quanto siamo maranza, può dare un’occhiata al video, qui).

Il pubblico applaude, sembra gradire davvero.

Il resto della serata, va detto, Matteo è stato molto più disciplinato del sottoscritto. Io mi sono un po’ perso tra le chiacchiere con amici scrittori (Massimo Rainer, Paolino Roversi; ecc..) e non (l’anobiano Mauro, la leggenda vivente Tommaso Labranca, il giornalista Serino). Di booktrailer non ne ho visti molti, vuoi per le chiacchiere, vuoi per la calca, vuoi perché, in un modo o nell’altro, i filmati in concorso li avevo già adocchiati in rete. Il contest è stato vinto dallo spettacolare video di Montezuma Airbag Your Pardon, realizzato da Antonello Schioppa e Davide Catallo. Il premio, che io e Matteo abbiamo invidiato con bramosia, consisteva in due fichissime t-shirt commemorative della serata. Pezzi unici di straordinaria fattura, creati appositamente. Fortunatamente il premio non ci è stato assegnato perché avremmo avuto qualche difficoltà a indossarlo. Non tanto per l’orgoglio (ne saremmo stati fieri), quanto per la misura: entrambe le T-shirt erano taglia M…

Fine della serata in compagnia dell’ottimo tiramisù di casa Roversi, del Cuba Libre spuntato da chissà dove e dell’ottimo Biondillo (manifestatosi a sorpresa verso le nove e mezzo e mimetizzatosi nella calca fino alla fine della bagarre…).

Tanto divertimento e tanta buona compagnia.

Se mi sono dimenticato di citare qualcuno, non vogliatemene: non è davvero mancanza di tatto ma è l’Alzheimer che galoppa a briglia sciolta.

Sabato 19 gennaio, Diretta su RADIO 2. Tutti i colori del giallo con Luca Crovi e Andrea Villani

La RAI, l’avevo già scritto a luglio, non è proprio come te l’immagini. È molto meglio, è un luogo senza tempo.

La diretta di Tutti i colori del giallo ha origine al 27 di Corso Sempione, ogni sabato e ogni domenica all’ora di pranzo. Quel numero 27 è il civico di un mondo che continua a resistere tale e quale da quando è stato concepito. Cambiano le tecnologie, è chiaro, cambiano le cuffie e i microfoni, cambiano i conduttori, ma le mura son sempre le stesse. L’aria che si respira, al civico 27, è aria mistica. Il palazzo è degli anni Trenta e in quello stabile si è fatta la storia della radiofonia italiana. Al quinto piano, quello di Radio 2, ogni porta è uno studiolo, ad ogni angolo può apparire un teatro di posa. Il quinto piano è un luogo magico.

Dietro l’angolo puoi trovare, indifferentemente, l’ultratecnologica stanza dei server o lo studio di registrazione di Italia sul 2. E accorgerti che quello studio è bidimensionale, tutto legno e cartone.

Il civico 27 di c.so Sempione è la più appassionante esperienza di “dietro le quinte” che mi sia capitata. Ed è sempre un piacere tornarci.

Questa pletora d’informazioni non è frutto delle mie consuete ricerche storiche, ma della gentilezza e della disponibilità di Luca Crovi e Alberto Fognini, splendidi padroni di casa che, dopo una bella trasmissione, ci hanno invitati a gironzolare per la sede storica della RAI, prima di consumare un ottimo pranzo nella fornitissima mensa del piano terra.

Proprio una bella giornata: presente anche Andrea Villani, simpaticissimo e in forma come sempre. Si è stati così bene insieme che separarci, finiti pranzo e diretta, ci spiaceva. Si è finiti prima a bere un grappino e poi a fare un saluto a nonna Tecla, alla Libreria del Giallo. Andrea, signore d’altri tempi, ha persino acquistato una copia del suo La notte ha sempre ragione per regalarmelo.

Non pervenuto, invece, Giampaolo Simi. Luca Crovi l’ha raggiunto al telefono. Una strana coincidenza impedisce che io e Simi ci s’incontri, ovunque si sia invitati insieme. Era già successo e potrebbe risuccedere, considerando che saremo (e con noi sarà anche Villani) a NebbiaGialla, il festival noir di Suzzara, il 2-3 febbraio. E a Marsiglia in marzo. Speriamo che sia a volta buona di incrociarsi e fare due chiacchiere.

Della diretta non vi ho raccontato nulla dal momento che sarà disponibile in podcast da lunedì. I curiosi che se la sono persa non avranno che da cliccare qui e scaricare.

lunedì 14 gennaio 2008

United We Stand, booktrailers, qualche recensione left behind e altre amenità


Cari lettori, post miscellaneo ed omnicomprensivo per raggruppare un po’ di segnalazioni e novità.

Partiamo da United We Stand, ultima nata (le graphic novel, si sa, son signorine…) in casa Sarasso e perciò catalizzatrice d’attenzioni.

La prima settimana di vita della creatura ci ha regalato un sacco di soddisfazioni: molte mail di affetto e incoraggiamento, un sacco di visite al sito (siamo prossimi alle 500 nel momento in cui scrivo. In una settimana è davvero un gran risultato: col blog credo di averci messo un mesetto), ma soprattutto diversi articoli da parte della stampa specializzata. Ci fa davvero piacere che buona parte delle testate che ci hanno dedicato dello spazio non si occupino di letteratura ma di economia e di web: l’aspetto rivoluzionario dell’approccio di UWS al mondo dell’editoria digitale ci sta particolarmente a cuore. Così come la sua natura ibrida a cui un unico medium va stretto. Se ne parla diffusamente su VeneziaDaVivere, su FirstDraft e se ne discute persino all’Università La Sapienza di Roma. Chi andasse di fretta, può trovare la rassegna stampa aggiornata nella sezione apposita del War Journal di UWS, qui.

Tra le novità di questa settimana, la pubblicazione del secondo contenuto speciale e l’implementazione della newsletter nel sito. Come sapete, ogni settimana il mondo di UWS si allarga e si svela, un passo alla volta.

Questa settimana potrete conoscere i primi personaggi della nostra storia, il Premier e il Vice.

Li trovate qui, nella sezione characters.

E se proprio non ce la fate a star dietro al frenetico implementarsi di www.unitedwestand.it ma vi girano un po’ a sapere d’esservi persi l’ultima novità, noi di casa abbiamo la soluzione, don’t worry. Abbiamo creato per voi la newsletter. Il box d’iscrizione lo trovate nella homepage del sito; non avete che da inserire il vostro indirizzo mail e ogni qual volta aggiungeremo qualcosa al sito ve lo faremo prontamente sapere.

E poi non dite che non vi si vuole bene…

Cambiamo completamente campo da gioco e spostiamoci sul fronte recensioni/segnalazioni.

A più di sei mesi dalla sua uscita in libreria, c’è ancora chi parla di CONFINE DI STATO.

Gian Paolo Serino propone un estratto del mio libello su Freek e l’ottimo sito Mangialibri.it (basta inserire la keyword CONFINE DI STATO nel motore di ricerca del sito e approderete al "pezzo") pubblica una lusinghiera recensione in cui si accenna en passant anche a TURKEMAR.

Proprio di TURKEMAR invece si parla in un post assolutamente delizioso apparso sul sito http://massim.wordpress.com. Delizioso in particolare il riferimento a un nonno barbiere nella Torino dei ’50. Per me che in un barber shop vecchio stile ci ho trascorso le ore più felici dell’infanzia è una bella emozione che un rappresentante della categoria, molte primavere or sono, si prendesse la briga di allungare qualche soldo per far suonare il Busca. Curiosi, né (come parlo di Torino, l’accento s’impadronisce della mia penna)?

L’intera storia qui.

Cambiando ancora argomento, ci spostiamo nell’ardimentoso campo del Sarasso Live in giro per lo Stivale.

I mesi che verranno saranno fitti d’impegni e trasferte, quasi tutti strategicamente piazzati nei week-end causa lavoro a scuola.

L’impegno più vicino è giovedì 17 gennaio alla Libreria del Giallo. Chez Madame Tecla Dozio si discuterà, a partire dalle 21.00, di booktrailers (titolo della serata: Di cosa parliamo quando parliamo di booktrailer). Serata mondiale condotta dalla padrona di casa e da Gian Paolo Serino, organizzata dalla magnifica Annarita Briganti. Insieme a me sul palco una pletora di ospiti, tra cui il mio amico Paolino Roversi e lo spettacoloso John Vignola. Vera chicca della serata, la presenza di Gianni Fantoni. Personalmente, adoro Fantoni da quando lavorava nelle strisce estive di Canale 5 coi Trettrè. Lo ossessionerò per farmi l’imitazione del pomodoro…

Durante la serata ci sarà una sorta di booktrailer contest, al quale la nostra squadra concorrerà con ben tre titoli (TURKEMAR, CONFINE DI STATO, UNITED WE STAND). A farmi compagnia ci saranno anche i registi dei booktrailer: Matteo Bellizzi (CDS) e il mio socio Daniele Rudoni (UWS).

Cosa ci sia in palio non è dato sapere. Ad ogni modo, fate il tifo per noi, mi raccomando.

Sabato 19 gennaio, in diretta su RADIO 2 alle 13.00, sarò ospite di Luca Crovi a Tutti i colori del giallo. Insieme a me Giampaolo Simi e Andrea Villani. Sarà una bella occasione per conoscere finalmente Giampaolo, dal momento che il 6, 7 e 8 marzo saremo entrambi ospiti del Colloque International :
Le roman policier, l'histoire, la mémoire. Italie et Amérique Latine
, organizzato dall’Istituto di Cultura Italiana di Marsiglia, che si terrà all’ Université de Provence a Aix en Provence.

Sabato 2 e domenica 3 febbraio, invece, sarò a Suzzara per la seconda edizione del Festival NebbiaGialla.

Il direttore artistico del festival è Paolo Roversi e proprio del suo ultimo romanzo Niente baci alla francese sto cercando di organizzare una presentazione in quel di Novara. Non appena la cosa sarà definita vi fornirò tutti i dettagli.

E proprio con la segnalazione dell’ennesima presentazione di CONFINE DI STATO vado a chiudere questo chilometrico post. Sabato 9 febbraio verso le 18.30 sarò a Bologna in quella fantastica libreria che è Modo Info Shop. La serata sarà particolarmente gustosa perché con me ci sarà il mio fratello di sangue Jadel Andreetto dei KAI ZEN e forse anche un signore distinto che di nome fa Valerio ma che tutti chiamano semplicemente Magister.

Mi pare di non aver dimenticato nulla, nonostante l’Alzheimer precoce e galoppante.

Ah no! Per l’appunto…

Avete notato il post criptico su OPIFICIO MAGENTA? Che cosa sia OPIFICIO MAGENTA, per ora, non mi è concesso dire. Ma occhio a questo nome. Tra un po’ ne sentirete parlare parecchio in giro per il web…

Una rivoluzione (non solo letteraria) è alle porte.

Salumi e baci!

giovedì 10 gennaio 2008

Opificio Magenta


Coming soon...

mercoledì 9 gennaio 2008

United We Stand: tre tavole in anteprima


Lo so che vi avevo detto che i contenuti speciali di UWS li avreste trovati solo il lunedì mattina, ma il mio socio Daniele questa settimana si sente particolarmente generoso.
Date una sbirciatina in fondo al nuovo post del al War Journal (qui)...

lunedì 7 gennaio 2008

United We Stand: online il primo contenuto speciale


Ladies & gentlemen,
fatevi una capatina sul sito di United We Stand. Da qualche ora è online il primo frammento della nostra storia. Un articolo di giornale datato 20 dicembre 1991.
Lo trovate all'interno della sezione CONFIDENTIAL, tra le PRESS RELEASES: in una parola, qui.
Questa è il primo dei molti extras che nelle prossime settimane andaranno ad arricchire le sezioni COLLATERAL e CONFIDENTIAL di www.unitedwestand.it

Buona lettura.
Stay tuned

domenica 6 gennaio 2008

United We Stand: inizia il conto alla rovescia. Dal 7 gennaio online


Signore e signori, ci siamo.

Mancano meno di ventiquattro ore al lancio della prima graphic-net novel italiana e noi, che siamo i padroni di casa, siamo nervosi come ragazzine al primo appuntamento.

Dalla mezzanotte di oggi, o se preferite dalle 00.01 di lunedì 7 gennaio 2008, sarà online il sito www.unitedwestand.it e l’avventura UNITED WE STAND, dopo mille preview e diversi rinvii, finalmente comincerà.

Che cos’è UNITED WE STAND? Ne abbiamo più volte accennato da queste pagine ma, per non rovinarvi la sorpresa, siamo stati sempre piuttosto evasivi. È il momento di tirare fuori i particolari:

UNITED WE STAND è una graphic novel, ossia un romanzo a fumetti, scritto dal qui presente e disegnato da quel geniaccio di Daniele Rudoni. UNITED WE STAND uscirà a puntate su lulu.com.

Sei volumi, in vendita da gennaio a dicembre. Esclusivamente in rete.

Sei volumi che raccontano una storia di sangue e onore, tradimento e vendetta, amore e rivalsa.

Detto così sembra un Harmony vecchio stile (niente contro gli Harmony, ben inteso. Lo dico ad alta voce, se no il mio amico Jadel mi sgrida), in realtà UWS è la storia del primo colpo di Stato nel nostro Paese, messo in atto un minuto dopo la vittoria democratica delle sinistre alle elezioni politiche del 2013.

Del colpo di Stato si occuperà la milizia paramilitare nota come ULTOR (ai miei lettori sarebbe già dovuto suonare un campanello), agli ordini di un certo Andrea Sterling (ora stanno suonando campanacci da mucca. Un coro di campanacci da mucca. Se non avete ancora capito, correte a comprarvi una copia di CONFINE DI STATO)

Alla guida del Paese, per dieci minuti scarsi (prima che l’Uomo Nero scenda in campo), il primo Presidente del Consiglio donna della storia dello Stivale: Stella Ferrari.

Il 2013 non sarà l’unico piano narrativo del fumetto: prima di vederla alla guida del Paese, conosceremo Stella a vent’anni o giù di lì, vivremo con lei nella Milano del 1969.

Sullo sfondo della triste vicenda dello Stivale – e qui ci avviciniamo al motivo per cui la nostra italianissima storia ha un nome così U.S.A. friendly – un altro grande conflitto. La peggiore delle guerre possibili, quella che ci auguriamo non scoppi mai. La terza guerra mondiale, madames et monsieurs, innescata dall’escalation del conflitto tra le ultime due superpotenze rimaste: gli Stati Uniti d’America e la Repubblica Popolare Cinese.

Bell’idea! Ma non ci aveva già pensato qualcuno?

In effetti sì. Né il titolo, né lo sfondo della nostra storia sono farina del nostro sacco.

Nel 2005 un duo di artisti geniali noto come 0100101110101101.org (01.org, per gli amici) mise in piedi una campagna stampa (con tanto di pagine pubblicitarie su riviste a diffusione mondiale e manifesti affissi in mezzo mondo, da Berlino a Bangalore) per un film inesistente. Un vero blockbuster americano con inerpreti di razza come Penelope Cruz e Ewan McGregor. Un’opera d’arte mediatica di proporzioni colossali.

Il fake movie si intitolava UNITED WE STAND.

Al centro della loro storia, il conflitto atomico USA-Cina, sventato da un manipolo di valorosi agenti segreti europei.

La storia era troppo bella per non essere raccontata. E anche il titolo sarebbe dovuto essere lo stesso.

In fase di prima stesura del progetto me ne approprai. Mentre scrivevo, tuttavia, mi chiedevo cosa ne avrebbero pensato gli 01.org del mio “furto”.

Presi il coraggio a due mani e glielo chiesi.

Gli 01.org, benché nati e cresciuti in Italia, vivono in pianta stabile a New York da tempo. Non è semplicissimo comunicare con loro. In ogni caso io spedii una mail in cui spiegavo le ragioni del progetto.

Passò una settimana e mi arrivò la risposta di Franco (Eva e Franco Mattes sono i nomi dietro al progetto 01.org). Erano entusiasti e volevano conoscerci. Sarebbero tornati in Italia i primi di gennaio.

Venerdì sono andato a Bologna per un pranzo davvero speciale.

A un tavolaccio del Rosso, al numero 30 di Via Righi, mi sono seduto insieme a Jadel Andreetto di KAI ZEN (mio fido compagno delle trasferte bolognesi), Eva e Franco.

Tra una pasta e fagioli, un soufflé impagabile e un mezzo di rosso si è parlato di arte kamikaze e fumetti, di CONFINE DI STATO e di New York .

Eva e Franco non solo hanno dato la loro “benedizione” al nostro progetto, ma mi hanno pure omaggiato di un poster "originale" del loro film. È stata davvero un’emozione fortissima. Il suggello ideale alla vigilia dello start-up.

Adesso, finalmente, tutto è pronto per iniziare.

Il sito è online fin d’ora, e potete iniziare a sbirciare.

Ma occhio, gente: se abbiamo deciso di battezzare graphic-net novel la nostra creatura è perché la storia non finisce sulla pagina. A partire da lunedì 7 gennaio, per tutto il 2008, ogni settimana pubblicheremo un contenuto speciale. Storie tangenziali, suoni e immagini che arricchiranno l’universo di UWS.

Ogni settimana un aggiornamento, per un anno intero.

Per calarvi sempre più a fondo in un’esperienza d’intrattenimento che non ha precedenti.

Per i primi mesi vi prenderemo per mano, segnalando ogni nuova uscita su questo blog e sul blog di Daniele.

Quando la macchina sarà ben rodata, www.unitedwestand.it camminerà con le proprie gambe.

Dal 7 gennaio sarà attiva anche la mail info@unitedwestand.it, dove potrete inviare impressioni e consigli.

Dal 28 gennaio, in concomitanza con la prima uscita cartacea del fumetto, potrete collaborare attivamente ad ampliare l’universo di UWS.

Da quella data, infatti, spalancherà i battenti la sezione WORLD WAR III, dove i lettori potranno costruire il proprio angolo di mondo UWS e vedere pubblicati online i propri contributi testuali, audio e video.

Insomma, come recita il trailer, A NEW WORLD ORDER IS COMING.

Non fatevi trovare impreparati.

Grazie a tutti fin d’ora per l’affetto che sono certo ci dimostrerete.

martedì 1 gennaio 2008

Star Wars: a me, me piace (la seconda trilogia… che sarebbe la prima)

Primo post dell’anno: post al vetriolo che – già lo so – mi farà piovere addosso una tonnellata di critiche.

Questo pezzo ce l’ho in canna da tempo, ma non avevo fino ad ora trovato modo di metterlo nero su bianco.

Durante queste feste, complice l’ozio delle ferie, mi sono riguardato tutti e sei i film di Mastro Lucas e il meraviglioso documentario Star Wars – Empire of dreams.

A fine visione, emozionato come un ragazzino, un pensiero ribelle continuava ad ossessionarmi. Ho provato a tenerlo a bada per un po’, ma ora l’outing si fa necessario: DATEMI DEL MATTO, MA IO PREFERISCO LA SECONDA TRILOGIA.

Ahhhh…. L’ho detto.

Ora, quando avrete finito di inveire, provate a starmi a sentire.

Per ragioni anagrafiche non appartengo (per un soffio) alla generazione che ha avuto l’onore di vedere il primo tassello dell’esalogia (quello che oggi si chiama EPISODIO IV) al cinema.

Posso solo immaginare l’effetto che fece sugli spettatori di allora quell’astronave che entra in campo e non finisce più. Bocche spalancate per un quarto d’ora.

Era il 1977. La mia, di bocca, rimase spalancata sei anni più tardi, quando i miei mi portarono a vedere Il ritorno dello Jedi. Bocca aperta, bavetta e russata incorporata.

Troppo giovane il Sarassino per godersi la continuity – indecifrabile a un cinquenne – o decisamente inadatto lo spettacolo serale per la mia giovane età.

Fatto sta che, in un periodo senza Emule e videoregistratori, penetrare l’arcano della favola mistica del conflitto Impero-Repubblica basandomi solo sui frammentati e confusi racconti di mio fratello maggiore (fan sfegatato, dunque molto poco obiettivo) era impresa impossibile.

Mettetevi nei miei panni: tutto quello che ricordo del Ritorno dello Jedi sono vaneggiamenti su una palla gigante che si chiama Morte Nera e una dozzina e mezza di buffi animaletti pelosi che abitano un paese che sembra Gressoney.

Ero un po’ nella situazione in cui si trova mia moglie attualmente: per nulla appassionata di fantascienza e duelli stellari all’ultimo sangue, in vita sua ha visto solo Episodio II. Se le chiedi di cosa parli Guerre Stellari ti risponde serafica: “Di cosa parli non ho mica capito bene. So solo che c’era un mostriciattolo verde che schizzava impazzito con una spada laser in mano e un esercito di filippini clonati pronti a conquistare il mondo.”

Dalle torto…

Lucas, nel documentario uscito in bundle all’edizione in dvd della prima trilogia, spiega come esistano due tipologie di fan di Star Wars: quelli che hanno più di venticinque anni – i detrattori della nuova trilogia che fremono ancora rivedendo la prima – e quelli che ne hanno meno di venticinque – gli ignari della triade capostipite pronti a stupirsi per i prodigi tecnici degli ultimi episodi.

Anche se, negli anni, la prima trilogia l’ho vista e rivista, credo fatalmente di appartenere alla seconda categoria.

A metà anni Novanta, più o meno nel periodo in cui uscì l’edizione rimasterizzata di Arancia meccanica, il capolavoro di Lucas tornò sul grande schermo. Scene aggiuntive, qualità video migliorata, ecc.

In tv Guerre Stellari era passato, per carità, ma per un motivo o per l’altro non dovevo aver prestato molta attenzione. Il punto è che al liceo ero più o meno l’unico che ne sapeva poco o nulla di Cavalieri Jedi, Lato Oscuro della Forza e compagnia briscola.

Per cui mi armai di santa pazienza ed ebbro del furore dell’apprendimento mi sparai Episodio IV ed Episodio V en pantalla grande. Risultato: nemmeno questa volta riuscii a tenere gli occhi aperti.

Però mi portai a casa un pugno di impressioni:

- Darth Fener è un tipo fichissimo

- Suo figlio Luke è un bambascione

- Leia non è bellissima ma guadagna un sacco di punti non indossando biancheria intima

- Han Solo… Ok, Han Solo è uno giusto (anche se non si capisce perché si accompagni a quell’enorme, incomprensibile batuffolo con cintura borchiata)

- Odio R2-D2. E siccome sono un ragazzone sentimentale, mi si stringe lo stomaco ogni volta che fa un dispetto al suo amico dorato.

Questa lunga e doverosa premessa per puntualizzare un paio di cose sulla drammatizzazione dei personaggi lungo l’intera saga. Prima di scrivere queste righe ho letto una pletora di recensioni e approfondimenti sulla Seconda Trilogia e più o meno ovunque si accusavano gli sceneggiatori di aver appiattito la narrazione rispetto all’omologa anni Settanta-Ottanta.

I personaggi e gli interpreti degli Episodi I, II e III (a parte Anakin, ça va sans dire) non reggono il confronto con Sir Alec Guinness e mr. Harrison Ford, ok. Ma per quanto riguarda l’intreccio e lo sviluppo della storia, secondo me non c’è partita.

E qui arriviamo alla mia prima visione di Episodio I.

L’anno era il 1999. Il cinema era l’Arcadia di Melzo. Per la precisione, la Sala Energia dell’Arcadia di Melzo.

Per chi vive nei grandi agglomerati urbani, multisala e suono sorround sono consuetudini da più di dieci anni.

Ma nella dormiente pianura vercellese, cinema voleva dire: Cinema Italia o Cinema Principe. Due salette striminzite con sedie scomode e senza galleria. Il Cinema Viotti (l’unico davvero degno di appellarsi “cinema”) fu chiuso un sacco di anni fa per essere messo a norma (non successe mai); al Cinema Astra la galleria c’era ma ci proiettavano solo porno (pure alle dieci di mattina).

Episodio I fu la mia prima esperienza di multisala. Fu il mio primo passo nel cinema del XXI secolo.

Il secondo fu Matrix ed ebbi la netta sensazione di essere di fronte a un cambiamento epocale (la stessa cosa che successe, probabilmente, agli spettatori settantasettini di Guerre Stellari).

Gli amici continuavano a magnificarmi le doti del THX, il sistema sonoro proprietario di Lucas (“Una ficata! Sembra che le pallottole ti volino sopra la testa!”). Io ascoltavo attentamente i trailer in loop sullo schermo e l’atmosfera non mi pareva tanto diversa da quella del vecchio e malconcio Cinema Italia (mi guardavo dal parlarne agli amici, beninteso…).

Fino a che non arrivò il momento.

Buio in sala, quaranta secondi di silenzio assoluto.

Poi: la rivelazione.

Un brivido sordo che squassa le viscere, arriva alle spalle e in un nanosecondo sfreccia giù, in mezzo alla sala. Lo sterno trema, sul maxischermo partono i titoli in prospettiva.

Bocca aperta. Questa volta davvero.

Che ci crediate o no, non ho avuto il minimo cedimento: due ore e fischia a occhi sbarrati. A godermi duelli di lightsaber, inseguimenti aerei, filosofia Jedi da quattro soldi.

E la bocca (già di per sé dischiusa) spalancata ulteriormente allo spuntare della seconda lama dall’arma di Darth Maul.

Da quel momento ho capito cosa provavano i miei amici. Da quel momento ho atteso Episodio II con la stessa trepidazione con cui, fino a marzo dell’anno passato, ho aspettato Manituana di Wu Ming.

E quando fu il momento di Episodio III, mi pareva fosse uscito il romanzo di Ellroy su Nixon (nei confronti del quale, da qualche anno a questa parte, ho quasi perso le speranze).

Non ce la feci ad attendere una macchinata per un cinema come si deve. Me lo sparai il primo week-end al vecchio e decrepito Cinema Astra (nel frattempo aveva smesso coi porno e si era riconvertito alla programmazione mainstream).

Nelle condizioni peggiori, per giunta: difetto di messa a fuoco, protezionista sbronzo, vai a sapere.

Me ne godetti ogni attimo. Uscii con un senso di pienezza.

Credo che il mio giudizio complessivo sul lavoro di Lucas sia potentemente influenzato dai quintali di effetti speciali che la Seconda Trilogia si trascina dietro.

Ora, che il sottoscritto sia un tamarro credo che l’abbiate capito. E dunque comprendete agilmente come tutto quello sfarfallio di luci, suoni e battaglie stellari mi abbia colpito dritto al cuore.

Ma in fondo, pur investendo nell’analisi dell’opera tutta la buona fede di cui sono capace, non credo che Star Wars sarebbe diventato ciò che è senza l’apparato visual effect. Parliamoci chiaro: anche i ragazzini dei Settanta facevano la coda al cinema per vedere i robottoni e le astronavi dell’impero somministrare sonore mazzate a fresconi repubblicani.

E lo confermano anche gli Oscar che la trilogia ha vinto nel corso degli anni: Oscar tecnici. Gli stessi che, per inciso, vinse Matrix.

Se poi ci si vuole nascondere dietro il dito della filosofia Jedi, è un altro paio di maniche…

Credo che sia qui la chiave del mio fievole amore nei confronti della Prima Trilogia: dopo Star Wars venne Alien, e il mondo delle astronavi s’incupì, divenne più crudo. Alien era il vero Lato Oscuro della fantascienza. Di Alien (e un po’ pure della Weaver, lo ammetto), m’innamorai a prima vista.

I primi Star Wars non li capii, li fraintesi, non riuscivo a penetrarne il segreto.

Se ho imparato ad apprezzarli, in età adulta, è grazie alla Seconda Trilogia, in particolare ad Episodio III.

Episodio III è l’acme della storia del miglior cattivo dello spazio. Darth Fener è archetipico, tridimensionale, splendido. Rinnega se stesso, si accorge della pochezza dei valori su cui è fondata la sua intera esistenza, si danna, risorge – novello Frankestein – dalle proprie ceneri. Altro che Neo: Anakin Skywalker è l’universo dantesco compresso in due metri di acciaio e vetroresina.

Senza Episodio III l’intera esalogia vale poco. La Prima Trilogia non basta a se stessa, filosofeggia troppo.

Episodio III apre porte che il primo Lucas non era assolutamente in grado di spalancare.

Senza la Seconda Trilogia non avrei mai scoperto l’universo di Star Wars, l’avrei relegato per sempre nel limbo delle “cose fichissime del passato che mi riprometto di guardare” (c’è Star Trek ad attendermi in fondo a quell’abisso, insieme a Ben Hur e Spazio 1999). E sarebbe stato un vero peccato.

Detto questo, Episodio III non è questo gioiello di perfezione: contiene scivoloni di cui il mondo dell’entertainment ride ancora. Un esempio su tutti: Obi Wan al culmine del duello finale che invita Anakin a non reagire perché lui si trova “più in alto”.

Persino Luke in Gilmore Girls lo prende in giro scherzando con Lorelai.

Gli scivoloni, tuttavia, non cambiano il mio modo di vedere la cosa.

Tra le due parti della saga scelgo quella moderna e vi lascio senza rimpianto l’originaria.

E ora, ve ne prego, non infierite troppo con tutti quegli strali…